Pubblicato il

Aggressioni ai sanitari: ecco perchè una legge non basta

La recente legge varata per prevenire le aggressioni ai sanitari è utile e importante ma non può essere risolutiva del problema, ecco perchè

 

L’inadeguatezza della medicina territoriale (medici di base, ambulatori, distretti, ecc.) costringe sempre più cittadini a rivolgersi ai Pronto Soccorso (PS) per soddisfare i propri bisogni di salute generando il fenomeno del sovraffollamento e delle lunghe attese. Secondo uno studio[1] il 20% degli accessi in PS sono “evitabili“, “inadeguati” o “non urgenti“, con tutto ciò che questo comporta per pazienti e operatori sanitari. Chiunque sia stato in un PS avrà avuto modo di constatare le difficili condizioni in cui versano i pazienti e lavorano gli operatori sanitari, con sale per lo stazionamento dei pazienti gremite di barelle, spesso accatastate le une vicino alle altre, senza privacy tra uomini e donne, con aumento rilevante del rischio sanitario,[2] situazione oggi ancora più aggravata dal Coronavirus.

In caso di sovraffollamento, l’eccessivo carico di lavoro non permette al personale sanitario di fornire una pronta assistenza a tutti i pazienti, il che genera sentimenti di rabbia e frustrazione che spesso sfociano in atti di violenza, non solo verbale ma anche fisica, nei confronti degli operatori sanitari (medici, infermieri, OSS, ecc.).

La recente legge varata per prevenire le aggressioni ai sanitari prevede pene fino a 16 anni di carcere, sanzioni fino a 5.000 euro oltre che la procedibilità d’ufficio (cioè senza bisogno di sporgere denuncia) nei casi di aggressione al personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria, nonché a chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso.[3]

Questo provvedimento, anche se utile e importante, non è risolutivo del problema, perchè si concentra solo sugli effetti e non sulle cause, e se non si eliminano le cause il problema rimane. È necessario prevenire le aggressioni in PS eliminando le condizioni che le favoriscono, cioè il sovraffollamento e le lunghe attese che, esasperando il cittadino, lo inducono a comportamenti aggressivi. Per eliminare il sovraffollamento è necessario agire a monte, in particolare incrementando e potenziando la medicina territoriale.

Se non si farà tutto questo le aggressioni non solo continueranno ma aumenteranno sempre più, stante l’invecchiamento continuo della popolazione e il conseguente aumento dei pazienti con patologie cronico-degenerative che si rivolgono ai PS perché non ottengono risposte sul territorio.[4] Se il territorio funziona si svuoteranno le sale d’attesa dei PS e si metteranno i sanitari nelle condizioni di poter svolgere al meglio il proprio lavoro, che è quello di curare i cittadini bisognosi di assistenza senza più il timore di venire aggrediti verbalmente o addirittura fisicamente. Uno studio ha dimostrato che con la realizzazione di adeguate strutture territoriali, come per esempio le Case della comunità, si avrebbe una riduzione degli accessi al Pronto Soccorso del 16%.[5]  

Invece, e siamo al completo capovolgimento della prospettiva, in molti ospedali si organizzano corsi di difesa personale, con istruttori di Judo e di Karate a fare lezione a medici e infermieri! [6]  

Diceva Einstein: “Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi”.

 

 

In un altro articolo abbiamo visto alcune possibili strategie per ridurre il sovraffollamento in Pronto Soccorso (link). 

Siamo anche su Facebook (qui). Puoi condividere il presente articolo attraverso i pulsanti che trovi in basso.

 

BIBLIOGRAFIA

[1] Berchet, C. (2015), “Emergency Care Services: Trends, Drivers and Interventions to Manage the Demand”, OECD Health Working Papers, No. 83, OECD Publishing, Paris

[2] Medici F. “La cronicità “vissuta” o “subita” in un grande ospedale Dea di secondo livello. Il caso del San Camillo“. Articolo pubblicato sul sito di informazione sanitaria Quotidianosanità e disponibile al seguente link

[3] Ddl n. 867-B recante “Disposizioni per la tutela della sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni”. Art. 4

[4] Italia Longeva “Proiezioni Istat al 2030 e 2050

[5] AGENAS. “Piano nazionale di ripresa e resilienza, missione salute”. Rivista semestrale “Monitor”, Anno II, numero 45, 2021. Pag. 24

[6]Aggressioni in ospedale, corsi di empatia e karate per gli infermieri a Caserta“. Sito web La Repubblica, 23 maggio 2022

Per approfondire puoi leggere questo articolo e questo.

 

Creative Commons License