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Errori sanitari, pubblicato l’ultimo rapporto 2025

Pubblicato l’ultimo rapporto relativo alle richieste di risarcimento danni in sanità. Quali gli errori sanitari più frequenti? E in che ambito? Quali i costi? Vediamolo in questo articolo

 

La possibilità che un paziente subisca un danno imputabile alle cure sanitarie è purtroppo un rischio non del tutto eliminabile. In questi casi la struttura è tenuta a garantire il diritto dei pazienti danneggiati e dei loro familiari ad un equo risarcimento del danno.

Il broker assicurativo Marsh ha pubblicato il suo ultimo rapporto 2025 in cui vengono presentati i dati relativi alla cosiddetta “malasanità” in Italia, giunto alla quindicesima edizione. Nel report vengono analizzati i sinistri di 87 Aziende Sanitarie appartenenti a 12 diverse Regioni italiane. Ricordiamo che per “sinistro” si intende ogni richiesta di risarcimento danni presentata all’azienda sanitaria da parte di quei soggetti che ritengono di aver subito un danno come conseguenza di un errore sanitario.

Lo studio si propone di presentare e descrivere i principali scenari di rischio presenti nelle strutture sanitarie, ma anche di approfondire le cause profonde e i fattori che contribuiscono al verificarsi di tali eventi dannosi, le cui conseguenze gravano sia sui pazienti sia sull’organizzazione sanitaria.

Il report Marsh ha contato complessivamente 32.989 richieste di risarcimento per gli anni dal 2006 al 2023, di queste l’82,3% è attribuibile al rischio clinico, intendendo con questo termine tutte le richieste di risarcimento conseguenti ad eventi, o presunti tali, che incorrono al paziente durante il percorso di cura. La restante percentuale riguarda danni a cose, danni ai lavoratori (es. infortuni, mobbing, aggressioni) o alla struttura.

I sinistri senza seguito costituiscono il 38,7% sul totale dei sinistri, ciò significa che solo poco più del 60% delle domande sfocia in un effettivo risarcimento.[1]

Solo nel 20,2% delle cause si è fatto ricorso alla giustizia ordinaria (tribunale civile o penale), mentre la restante percentuale si è conclusa con un accordo bonario tra le parti (es. mediazione).

A livello nazionale si contano 5,25 sinistri ogni 100 medici, in lieve diminuzione rispetto ai 5,32% della precedente edizione del report. Si contano invece 2,16 sinistri ogni 100 infermieri.[2]

Le richieste di risarcimento danni ricevute da ogni singola struttura nel periodo 2013-2023 mostra una media di 26 sinistri all’anno. Si evidenzia un trend di diminuzione nel numero di richieste per singola struttura, che negli ultimi dieci anni è stato dell’8,2%.[3] Questo rappresenta un segnale positivo per il nostro sistema sanitario, probabilmente dovuto anche a una maggiore attenzione al tema della riduzione dei rischi e della sicurezza delle cure. D’altra parte, però, si osserva una tendenza opposta riguardo ai costi ed ai valori liquidati per singola pratica di risarcimento da “malasanità”, come vedremo tra poco. 

 

Gli errori più frequenti e le specialità più colpite

Le aziende più grandi (aziende di secondo livello), effettuando interventi e prestazioni di maggior complessità, sono esposte anche a una maggiore possibilità di errori e quindi di richieste di risarcimento.[4]

Sul piano degli errori più frequenti, gli errori chirurgici si confermano ancora una volta la principale fonte di richieste di risarcimento con il 31,7% dei sinistri, al secondo posto l’errore diagnostico (22,4%) e al terzo quello terapeutico (10,2%). Seguono, in misura minore: cadute accidentali (6,7%); infezioni (6,7%); errori connessi a procedure invasive (4,2%); errori da parto/cesareo (3,4%), errori anestesiologici (2,9%).[5]

In merito alle Unità Operative, in linea con le precedenti edizioni del report Marsh, anche quest’anno l’Ortopedia e la Traumatologia, con una percentuale pari al 19,1% sul totale dei sinistri, rimane l’area più “rischiosa” per le Aziende Sanitarie e di conseguenza per i pazienti. Ad essa seguono: DEA/Pronto Soccorso con una frequenza del 15,8% di richieste di risarcimento; Chirurgia Generale con quasi il 10%; Ostetricia e Ginecologia con il 9,6%.

 

I costi

Il costo medio per sinistro è stato di 128 mila euro, risultando leggermente superiore rispetto alla scorsa edizione del Report.[6]

Errori chirurgici e diagnostici non sono solo gli eventi con maggiore incidenza in termini di frequenza, come abbiamo visto, ma anche quelli a maggior impatto economico. Lo si può osservare per esempio con gli errori da parto, che seppur poco frequenti, impattano con un importo medio di quasi € 470.000.

I risarcimenti compresi fra € 250.000 e € 500.000 da soli impattano per un quarto del costo totale dei sinistri (24,9%). Gli errori più “costosi” hanno superato, in alcuni casi, i 3 milioni di €.[7]

Il report Marsh ha approfondito anche il tema delle infezioni correlate all’assistenza (ICA). Nelle analisi di costo e frequenza queste incidono sul numero totale dei sinistri per il 6,7% sul costo totale, rappresentando una voce di costo importante per le Strutture sanitarie, socio-sanitarie e per il nostro SSN.[8] Si osserva un notevole incremento delle infezioni post-chirurgiche, che rappresentano oltre la metà dei sinistri analizzati.[9] Come noto, vi sono forti prove che una grande  percentuale di queste infezioni potrebbe essere prevenuta con adeguate misure di prevenzione, il cui costo sarebbe compensato dal minor numero di sinistri. Diventa quindi fondamentale attivare azioni e strategie di prevenzione e controllo delle ICA che possano permettere una riduzione di tale fenomeno ormai in crescita da tanto tempo.

L’attività istruttoria svolta per la gestione dei sinistri permette di ricavare importanti informazioni in merito agli errori maggiormente lamentati e alle unità operative principalmente coinvolte. Ne abbiamo parlato in questo articolo.

 

 

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FONTE

[1] XV Report MedMal Marsh. “Studio sull’andamento del rischio da Medical Malpractice nella Sanità italiana (2024)”. Pag. 9 (link)

[2] Ibidem. Pag. 66

[3] Ibidem. Pag. 11

[4] Ibidem. Pag. 12

[5] Ibidem. Pag. 18

[6] Ibidem. Pag. 25

[7] Ibidem. Pag. 38

[8] Ibidem. Pag. 44

[9] Ibidem. Pag. 45

 

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