In caso di ictus cerebrale il tempo è una variabile fondamentale, ecco come riconoscerlo e cosa fare in caso di attacco
L’ictus è una delle cause principali di morte e di disabilità nel mondo. Si tratta di una malattia invalidante e pericolosa, che può peggiorare tanto più tempo passa dall’esordio dei sintomi, per questo è importante riconoscerla immediatamente e agire di conseguenza.
L’ictus, al contrario di quello che comunemente si crede, non riguarda soltanto gli anziani ma anche la popolazione relativamente giovane; infatti nel 75% dei casi sono colpiti gli over 65 e circa 10mila eventi interessano chi ha meno di 55 anni. Le prospettive per il futuro non sono rosee: si stima che entro il 2035 i casi di ictus nell’Unione europea aumenteranno del 34%.
Ma in cosa consiste esattamente questa patologia? L’ictus (termine latino che letteralmente significa “colpo”, tradotto in inglese con “stroke”) è un danno cerebrale provocato dall’interruzione dell’afflusso di sangue al cervello per l’ostruzione (ictus ischemico) oppure la rottura di un vaso sanguigno (ictus emorragico). Dei due tipi di ictus, l’87% è ictus ischemico e il 13% è emorragico. Questo determina in entrambi casi la morte delle cellule nervose dell’area interessata dall’ictus e, di conseguenza, la perdita delle funzioni neurologiche controllate da quell’area, che possono riguardare, per esempio, il movimento di un braccio o di una gamba, il linguaggio, la vista, l’equilibrio o altro.
L’ictus cerebrale si manifesta pertanto, a seconda dell’area interessata, con la comparsa improvvisa di uno o più dei seguenti sintomi:
- Bocca storta: più evidente quando si chiede al paziente di sorridere;
- Braccio debole: vi è l’incapacità di sollevare un braccio o di mantenerlo alzato allo stesso livello dell’altro;
- Difficoltà a parlare: la persona non riesce a parlare e/o non capisce cosa gli viene detto, o parla farfugliando;
- Difficoltà nella vista: la persona vede annebbiato, non vede metà degli oggetti, oppure vede doppio;
- Forte mal di testa: mai provato prima, accompagnato spesso da nausea, vomito, perdita di coscienza.
In inglese si utilizza come promemoria l’acronimo BE FAST (in italiano fai presto):
Nel “TIA” (iniziali inglesi di “Transient Ischemic Attack”, in italiano attacco ischemico transitorio) si osserva l’improvvisa comparsa di segni e sintomi simili a quelli di un ictus che però hanno una durata inferiore alle 24 ore. Il TIA deve essere considerato con la massima attenzione, perché può essere un campanello di allarme per il verificarsi, nelle 24-48 ore successive, di un ictus vero e proprio. Il TIA si manifesta, infatti, in circa un terzo dei soggetti che in seguito presentano un ictus ischemico. Inoltre, circa il 10% dei TIA recidiva a 5 anni.
Cosa fare in questi casi?
L’ictus cerebrale è una patologia “tempo-dipendente”, significa che è importante che le vittime arrivino il più velocemente possibile in ospedale e, di conseguenza, che i cittadini siano in grado di riconoscere subito i sintomi dell’ictus e sappiano come comportarsi. In caso di comparsa di sintomi riferibili all’ictus o al TIA è indispensabile chiamare subito il 118 per il trasporto urgente e diretto del paziente in un ospedale specializzato nella cura dell’ictus. Sono infatti sempre più diffuse su tutto il territorio nazionale le “Stroke Unit“, terapie sub-intensive specifiche per la patologia neurologica, dove il paziente viene sottoposto a terapia, a stabilizzazione, a monitoraggio continuo nonchè a prevenzione e trattamento delle eventuali complicanze.
In caso si riconosca uno o più dei sintomi sopra descritti è assolutamente necessario evitare di perdere tempo, pertanto NON aspettare di vedere se i sintomi migliorano spontaneamente; NON chiamare e NON recarsi dal proprio medico di base o dalla Guardia Medica, NON bisogna neanche recarsi in Pronto Soccorso con mezzi propri, per evitare di presentarsi in un ospedale non idoneo perchè sprovvisto del reparto necessario. In questi casi il 118 provvede al trasporto del paziente presso l’ospedale più appropriato per la cura del caso che consistente nella precoce terapia trombolitica nei pazienti con ictus ischemico o trattamento chirurgico nei pazienti con ictus emorragico, evitando pericolose perdite di tempo.
È importante anche annotare l’ora di esordio dei sintomi, perché i soccorritori del 118 e i medici del Pronto Soccorso devono sapere quanto tempo è trascorso dall’ictus per determinare la terapia più appropriata. Se si interviene tra le 3-4 ore dall’esordio dell’ictus si hanno buone probabilità di un recupero.
Se vuoi saperne di più…
Il trattamento in ospedale sarà diverso a seconda si tratti di ictus ischemico o emorragico, vediamoli di seguito brevemente.
Trattamento dell’ictus ischemico
In presenza di ictus ischemico, l’obiettivo della terapia è ristabilire il flusso di sangue lungo il vaso sanguigno cerebrale occluso. A questo scopo si utilizzano terapie farmacologiche o chirurgiche. Vediamo brevemente i due ambiti.
1) Terapia farmacologica
L’ictus ischemico è curato con la somministrazione di un farmaco fibrinolitico, cioè che scioglie i coaguli di sangue e ripristina il corretto afflusso di sangue al cervello. Questo tipo di terapia, chiamata Trombolisi, è efficace se impiegata entro la prima ora (golden hour) dalla comparsa dell’ictus mentre non è generalmente consigliabile qualora siano trascorse più di 4,5 ore dall’inizio dei sintomi. Dopo tale lasso di tempo, infatti, non vi è certezza che il farmaco possa essere benefico, è quindi raccomandato che il trattamento sia effettuato il più precocemente possibile. La terapia può essere somministrata a qualunque età, quale che sia la gravità del caso, purchè sia stata preventivamente esclusa una emorragia con una TAC. Il vantaggio della terapia trombolitica
è, in termini di sopravvivenza libera da disabilità, del 10% se il trattamento è iniziato entro 3 ore.
2) Terapie chirurgiche
Come detto, particolari forme di ictus ischemico possono essere trattate anche chirurgicamente, in questo caso le metodiche utilizzate sono le seguenti:
a) Trombectomia meccanica (TM). E’ un intervento endovascolare di rimozione meccanica del trombo al fine di ricanalizzare il vaso colpito. I medici possono rimuovere il trombo introducendo un catetere nelle arterie che irrorano l’encefalo, il quale per mezzo di una piccola “retina” riesce ad afferrare il coagulo e portarlo all’esterno. La TM, in associazione alla trombolisi di cui sopra, rappresenta il trattamento più efficace per l’ictus ischemico acuto dovuto a occlusione di un grosso vaso del circolo anteriore in pazienti opportunamente selezionati, in una determinata finestra temporale (tra 6 e 24 ore da quando il paziente è stato visto/sentito l’ultima volta in stato di benessere).
b) Disostruzione della carotide. In presenza di grave aterosclerosi carotidea si agisce in due modi:
- endoarteriectomia carotidea (TEA): il chirurgo apre l’arteria carotide che decorre nella parte laterale del collo e la ripulisce delle placche aterosclerotiche che la ostruiscono;
- angioplastica e stent: il medico inserisce nella carotide (introdotto da un’arteria dell’inguine) un catetere sormontato da un palloncino che dilata l’arteria ostruita, inserendo poi una retina metallica (stent) per mantenerla aperta.
Gli indicatori maggiormente utilizzati per misurare l’efficienza della risposta del sistema sanitario alla patologia cerebro vascolare acuta sono quelli che misurano, in percentuale rispetto al totale dei pazienti colpiti, il numero di pazienti sottoposti a trattamento con trombolisi e.v. e il numero di quelli trattati con trombectomia meccanica.
Trattamento dell’ictus emorragico
L’ictus emorragico è la forma di ictus più grave e meno curabile e rappresenta circa il 15-20% del totale degli ictus. Per rimuovere il sangue dalla sede di lesione e riparare i vasi sanguigni si ricorre alla neurochirurgia. L’intervento è volto a bloccare l’emorragia in corso e ridurre la pressione esercitata dal sangue sul tessuto cerebrale.
Fattori di rischio per l’ictus
I fattori di rischio principali per l’ictus (sia ischemico che emorragico) sono: ipertensione (spesso favorita dall’abuso di sale), diabete, alimentazione non corretta, ipercolesterolemia (colesterolo alto), sovrappeso/obesità, apnee ostruttive del sonno, fumo, abuso di alcol, sedentarietà, inquinamento ambientale (come si può vedere una gran parte di questi fattori sono modificabili). Quello più rilevante è però la Fibrillazione atriale (FA), responsabile di circa un quarto di tutti gli ictus ischemici. Questa è un’aritmia cardiaca che aumenta di 5 volte il rischio di ictus ischemico ed è associato a un aumento della mortalità e della disabilità. La FA favorisce la formazione di trombi (cioè coaguli) nell’atrio sinistro del cuore che possono in seguito staccarsi e raggiungere il circolo cerebrale causando l’ictus. Per contrastare le conseguenze di questa pericolosa aritmia dovranno essere implementate adeguate strategie terapeutiche come l’impiego di farmaci anticoagulanti di nuova generazione (DOAC). Il rischio di ictus, in assenza di anticoagulante, aumenta in modo esponenziale con l’età, è alto tra i 70 e gli 80 anni, altissimo dopo gli 80. Quindi è proprio in questo periodo che il paziente dovrebbe assumere i farmaci perché il rischio è più alto. Un particolare protocollo (CHA2DS2-VASc) permette di conoscere il rischio di un paziente per ictus; se ha un punteggio maggiore o uguale a 2 deve assumere l’anticoagulante (clicca qui per compilare gratuitamente il protocollo).
E dopo?
Particolare importanza riveste poi la continuità assistenziale offerta al paziente con ictus nella fase post-acuzie, mirata alla prevenzione delle complicanze e delle recidive e al recupero funzionale delle capacità motorie e cognitive.
Attenzione: le informazioni fornite in questo articolo hanno natura generale e sono pubblicate a scopo puramente divulgativo, pertanto non possono sostituire in alcun caso il parere dei professionisti sanitari abilitati.
In un altro articolo abbiamo visto profilassi e terapia della trombosi venosa profonda (link).
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BIBLIOGRAFIA
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Fonte immagine BE FAST: “Update sull’ictus ischemico ed emorragico“. Corso FAD, Provider ECM “Center Congress”, 20 gennaio/31 dicembre 2025. Italian Stroke Association. Associazione Italiana Ictus