Con l’approvazione della legge 24/2017 (legge “Gelli”) l’aderenza alle linee guida ed alle buone pratiche clinico-assistenziali ha un risvolto dal punto di vista legale. In quali conseguenze incorre l’azienda che non si adegua alle nuove norme? E quali ricadute sugli operatori sanitari?
Per prima cosa è meglio chiarire i termini di linee guida, protocolli e procedure visto che spesso vengono usati come sinonimi mentre in realtà hanno significati diversi.
Linee guida – Secondo una classica definizione la linea guida è “un insieme di raccomandazioni prodotte attraverso un processo sistematico dagli esperti del settore, allo scopo di assistere gli operatori nel decidere quali siano le modalità assistenziali più appropriate in specifiche circostanze cliniche”.[1] Quindi una linea guida riassume l’attuale stato delle evidenze scientifiche e lo traduce nella pratica clinica, fornendo quella che, secondo gli esperti, rappresenta la migliore pratica possibile in un determinato ambito.
Protocollo – Il protocollo è uno strumento di carattere maggiormente rigido della linea guida. Le parti che lo compongono sono lo scopo e gli obiettivi, l’indicazione delle risorse necessarie, un elenco di azioni e le corrispondenti motivazioni, i riferimenti bibliografici per l’eventuale approfondimento delle conoscenze scientifiche che ne stanno alla base.
Procedura – La procedura è uno strumento con finalità di uniformare attività e comportamenti poco discrezionali degli operatori. E’ costituita da sequenze di azioni più o meno rigidamente definite.
La normativa vigente impone alle aziende di adottare linee guida, protocolli, procedure nell’ambito delle proprie attività?
Il Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 ha introdotto per la prima volta il principio dell’efficacia e dell’appropriatezza, in base al quale “[…] le risorse devono essere indirizzate verso le prestazioni la cui efficacia è riconosciuta in base alle evidenze scientifiche e verso i soggetti che maggiormente ne possono trarre beneficio […]”.[2]
Con il decreto del Ministro della Salute 30 giugno 2004 è stato istituito il Sistema nazionale linee guida (SNLG) con l’obiettivo di realizzare l’elaborazione, la diffusione e la valutazione di linee guida e percorsi diagnostici e terapeutici. Il SNLG è stato recentemente riorganizzato con il decreto del Ministro della Salute del 27 febbraio 2018 per adeguarlo ai contenuti della legge “Gelli”.
Il Decreto del Ministero della Salute 70/2015 del 2/4/2015[3] relativo agli “Standard Qualitativi e di Sicurezza delle Strutture Ospedaliere” prevede che la struttura agisca secondo standard basati su “linee guida e definizione di protocolli diagnostico-terapeutici specifici”.
Il Ministero della Salute ha pubblicato nel 2015 il suo ultimo rapporto relativo a tutti gli eventi sentinella segnalati dalle strutture sanitarie e raccolti nel SIMES (Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità) dal settembre 2005 al dicembre 2012. Il rapporto ha mostrato l’elevata frequenza, tra i fattori contribuenti per l’accadimento degli eventi, della mancanza, inadeguatezza ed inosservanza di Linee-guida, raccomandazioni, protocolli assistenziali, procedure, suggerendo come sia fondamentale, ai fini preventivi, “la diffusione e l’applicazione nei vari contesti aziendali delle raccomandazioni disponibili e delle buone pratiche prodotte sia in ambito nazionale che internazionale“.[4]
Più recentemente la legge n. 24/2017[5] (c.d. legge “Gelli”) sulla responsabilità professionale sanitaria ha introdotto l’adesione alle linee guida come fattore esimente da responsabilità per gli operatori sanitari per i casi di imperizia, decretando di fatto l’obbligatorietà per gli esercenti le professioni sanitarie di attenersi alle buone pratiche clinico-assistenziali e alle raccomandazioni indicate dalle linee guida. Le linee guida verranno elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati, società scientifiche e associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie che dovranno essere iscritti in un apposito elenco istituito dal Ministro della Salute. Le linee guida saranno inserite nel Sistema nazionale per le linee guida (SNLG) e l’Istituto Superiore di Sanità, previa verifica della sussistenza di tutti i requisiti di legge, provvederà a pubblicarle sul proprio sito internet (qui). Il SNLG consentirà la valutazione, l’aggiornamento e la pubblicazione delle linee guida, anche ai sensi di quanto previsto dal codice penale all’art. 590-sexies.[6]
Cosa succede in attesa dell’emanazione delle linee guida da parte del SNLG?
Le linee-guida attualmente vigenti e non approvate secondo l’iter previsto dalla legge Gelli non possono essere considerate nei giudizi sulla responsabilità colposa medico-sanitaria. Infatti, con la sentenza n. 47748 del 19 ottobre 2018 la Cassazione, chiamata a pronunciarsi su un caso di malasanità, ha specificato che “in mancanza di linee-giuda approvate ed emanate mediante il procedimento di cui all’art. 5 della legge n. 24 del 2017, non può farsi riferimento all’art. 590 sexies c.p., se non nella parte in cui questa norma richiama le buone pratiche clinico-assistenziali…”.
Pertanto, in attesa dell’emanazione delle linee guida da parte del SNLG e dei tempi tecnici necessari alla loro verifica, validazione e pubblicazione da parte dell’Istituto Superiore di Sanità (lo stesso Istituto profila tempi lunghi per questo adempimento) nei giudizi per responsabilità sanitaria può farsi riferimento all’articolo 590-sexies del codice penale solo nella parte in cui richiama le buone pratiche clinico-assistenziali[7, 8] (se vuoi saperne di più clicca qui).
Le linee guida sono delle linee di indirizzo, delle direttive generali,[9] per cui ogni azienda dovrà predisporre dei propri protocolli/procedure/percorsi diagnostico terapeutici per adattare le linee guida al proprio contesto locale.
Cosa può comportare il mancato adempimento per l’azienda?
Può essere imputato all’azienda sanitaria l’accadimento di eventi avversi prevenibili dovuti alla mancata adozione delle linee guida (o, qualora ancora mancanti, delle buone pratiche). Come detto il mancato rispetto di tali raccomandazioni ha rilevanza penale ai sensi dell’art. 590-sexies.
Altra criticità potrebbe riguardare il mancato aggiornamento delle linee guida o protocolli già esistenti, laddove questi risultino superati. Il Decreto Ministeriale n. 70 del 2 aprile 2015 prevede infatti che tali documenti debbano essere “aggiornati in base alle conoscenze e alle evidenze scientifiche che si renderanno disponibili”.[10]
Non da ultimo bisogna considerare che in caso di errore sanitario le responsabilità ricadono sulla struttura sanitaria in caso di carenze nell’organizzazione interna dell’Unità Operativa,[11, 12, 13] situazione più probabile in mancanza di linee guida specifiche.
Le amministrazioni ospedaliere assumono la responsabilità della scelta delle migliori tecniche disponibili (culpa in eligendo), di mantenere aggiornate tali indicazioni (culpa in custodendo) e di verificare che il personale dipendente le rispetti (culpa in vigilando).[14, 15]
La giurisprudenza americana conosce già due sentenze importanti, a seguito di procedimenti giudiziari in cui sono stati chiamati in giudizio i medici e le Società che avevano approvato linee guida ritenute non aggiornate e, quindi, individuate dai giudici quale causa determinante e scatenante dell’induzione all’errore in cui il sanitario era occorso nell’attività medica.[16]
Conclusioni
A seguito della legge “Gelli” le direzioni strategiche delle aziende sanitarie dovrebbero porsi con urgenza il problema dell’adesione alle linee guida (o alle buone pratiche clinico-assistenziali, in mancanza di queste) considerando le conseguenze civili e penali alle quali vanno incontro in caso di inadempienza. Un esempio per tutti: il Direttore Sanitario di una casa di cura privata è stato recentemente condannato per omicidio colposo (con sentenza definitiva della Cassazione) per la mancata applicazione, nella casa di cura da lui diretta, della Raccomandazione n. 6 del Ministero della Salute del 31 marzo 2008 per la prevenzione del decesso materno.[17]
In un altro articolo abbiamo parlato delle problematiche connesse al mancato rispetto delle linee guida per gli operatori sanitari alla luce della legge “Gelli” (qui).
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BIBLIOGRAFIA
[1] Field MJ, Lohr KN (Editors). Guidelines for Clinical Practice. From Development to Use. Washington, D.C: Institute of Medicine. National Academy Press; 1992
[2] Piano sanitario nazionale 1998-2000. Parte II. Garanzie del SSN
[3] Decreto Ministeriale N.70 Del 2 Aprile 2015 “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera” Ministero della Salute. Punto 5.3
[4]Ministero della Salute. Monitoraggio degli eventi sentinella. 5° Rapporto (settembre 2005-dicembre 2012), 2015. Pag. 14
[5] Legge n. 24/2017. “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. Pubblicata su GU Serie Generale n.64 del 17-3-2017. Art. 5
[6] Decreto del Ministero della Salute 27 febbraio 2018 “Istituzione del Sistema Nazionale Linee Guida (SNLG)“. Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 66 del 20 marzo 2018
[7] Ruggieri R. “Art. 590 sexies c.p., SC: “Opera solo per le buone pratiche, non anche per le linee guida”. Articolo pubblicato sul portale giuridico www.avvocatirandogurrieri.it il 24-10-2018 e disponibile al seguente link
[8] Zeppilli V. “Responsabilità medica: best practices e linee guida sono equiparabili?“. Articolo pubblicato sul portale giuridico www.studiocataldi.it e disponibile al seguente link
[9] M. Portigliatti Barbos. “Le linee guida nell’esercizio della pratica clinica”. Dir. pen. proc. 1996, p. 891
[10] Decreto Ministeriale n. 70 del 2 aprile 2015 “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera” Ministero della Salute. Punto 5.4
[11] Caroleo Grimaldi F., Magnanti M. “Responsabilità medica e disfunzioni organizzative: la Cassazione gira il “conto” alle direzioni delle A.O.” Capitale Medica – Rivista dell’Ordine Provinciale di Roma dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri, Numero 1 – 2015, pag. 10
[12] Ventura Spagnolo E., Mondello C., Scurria S. et al. “La sicurezza del paziente in ambiente ospedaliero e la responsabilità professionale dei vertici strategici”. Pratica Medica & Aspetti Legali, Vol 10, No 3, 2016, pagg. 59-63
[13] Cirese V. “Sicurezza delle cure e responsabilità delle aziende sanitarie”. Gyneco AOGOI / NUMERO 1/2 – 2015, pag. 24
[14] Scorretti C. Atti del seminario “Linee guida e buone pratiche. Implicazioni giuridiche e medico-legali. Cosa cambia nella sanità”. Trieste, 25 novembre 2016
[15] Corte di Cassazione Sez. IV 13 febbraio 2002 sentenza n. 2865
[16] Fondazione Italia in Salute. “Le linee guida dopo la legge n.24/2017. Aggiornamenti e prospettive“. I Quaderni della Fondazione Italia in Salute n. 2, a cura di Federico Gelli e Fidelia Cascini, prima edizione anno 2020. Pag. 120
[17] Corte di Cassazione, quarta sezione penale, sentenza n. 32477/2019
LE LINEE GUIDA, I PROTOCOLLI, LE RACCOMANDAZIONI E LE PROCEDURE DOVREBBERO ESSERE DIVULGATE AL MASSIMO NEI CONFRONTI DEGLI UTENTI DELI SERVIZI (OLTRE CHE OVVIAMENTE DEGLI OPERATORI SANITARI).
I FAMILIARI ED I RICOVERATI IN OSPEDALE DEVONO CONOSCERE IL CONTENUTO DI TALI DOCUMENTI PER VERIFICARNE IL RISPETTO E PER SEGNALARE E DENUNCIARE EVENTUALI OMISSIONI E MANCATA OSSERVANZA. PERCHE’ NON FARLO??
Gentile Fabio, qualche volta sono pubblicate dai siti delle aziende sanitarie, qualche volta no. E’ vero, dovrebbe essere reso obbligatorio. Saluti
Per colpa delle linee guida e dei protocolli si costringono i medici in una gabbia che li porta sì a “curare” ma non a curare secondo scienza e coscienza. Con il COVID stiamo sperimentando l’inefficacia dei protocolli di fronte ad uno stato di emergenza, bisognerebbe fare tesoro dell’esperienza sul campo di quei medici che non se la sono sentita di applicare pedessiquamente i protocolli ed hanno ottenuto risultati eccezionali. La mia esperienza non di COVID, per fortuna finita bene, ne è l’evidenza. La legge Gelli (forse non volendolo) ha dato via libera ad una standardizzazione quasi disumana nei processi di ricovero e dismissione (risparmi inutili in sanità) e un potere maggiore di “manovra” alle grandi imprese farmaceutiche. Sarebbe ora di porre mano ad una o più Leggi finanziate(abrogative di tutto il pregresso) tese in generale alla salute dei cittadini e dell’ambiente senza rimandi agli anni futuri.
Gentile Paola,
grazie per il Suo commento. Ci permettiamo di dissentire un pò rispetto alle Sue affermazioni perchè già adesso con la legge Gelli un professionista sanitario, anche se è obbligato a seguire le linee guida, quindi le evidenze scientifiche, può comunque decidere di discostarsene, naturalmente esplicitandone le motivazioni, anzi è obbligato a farlo qualora ne ricorrano le condizioni. Quindi il medico già ora ragiona con la sua testa, non è su un binario.
La legge Gelli non si può applicare alla fase emergenziale della pandemia dato che all’epoca mancavano linee guida accreditate cui fare riferimento, data la mancanza di evidenze scientifiche circa diagnosi, terapia, complicanze, ecc.
Sappiamo infatti che la patologia Covid-19 non è una patologia nota alla comunità scientifica, non esistono studi cinici pregressi, non esistono cure. La non conoscenza della patologia e delle relative cure da parte degli esercenti la professione sanitaria fa si che non può essere loro imputata una non adeguata assistenza.
Riguardo alla disumanizzazione di certe pratiche riconducibili all’aziendalizzazione siamo d’accordo, ne abbiamo parlato a questa pagina: http://www.conoscereilrischioclinico.it/ospedale/
Cordiali saluti