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Violenza agli operatori sanitari: cosa fare in caso di aggressione?

 

Le aggressioni agli operatori sanitari sono sempre più frequenti. Vediamo in questo articolo cosa è possibile fare per prevenire un’aggressione in ospedale, quali sono i segni premonitori e cosa fare se siamo aggrediti

 

ll National Institute of Occupational Safety and Health (NIOSH) definisce la violenza nel posto di lavoro come: “ogni aggressione fisica, comportamento minaccioso o abuso verbale che si verifica nel posto di lavoro”.[1] Il personale sanitario, in particolar modo quello operante nei servizi psichiatrici, di Pronto Soccorso e servizio 118, è esposto maggiormente, in virtù del tipo di attività svolta, al rischio di aggressione, anche se tale fenomeno può verificarsi in qualunque reparto.

l problema è molto sentito tanto che il Ministero della Salute considera le aggressioni “eventi sentinella” ossia “eventi avversi di particolare gravità, potenzialmente evitabili, che possono comportare morte o grave danno”.

 

Cosa prevede in merito la normativa sulla sicurezza sul lavoro?

Dal punto di vista della sicurezza sul lavoro il Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 [2] investe il datore di lavoro della responsabilità  di gestire e prevenire le problematiche relative alla sicurezza dei lavoratori. Il Datore di Lavoro è tenuto a valutare “tutti i rischi” presenti sul luogo di lavoro quindi anche il rischio di aggressione. La responsabilità del datore di lavoro riguardo la sicurezza dei suoi dipendenti, ribadita anche da varie sentenze della cassazione, [3] trova origine nell’art. n. 2087 del codice civile il quale recita: “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.[4] In particolare, la sentenza 14556/17 della Corte di Cassazione, in riferimento al caso di un infermiere aggredito mentre prestava servizio in Pronto Soccorso, ha sancito che proprio al datore di lavoro spetta “l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi dell’evento medesimo”. 

Il Datore di Lavoro, a seguito aggressioni o violenze subite sul lavoro dagli operatori, è tenuto ad attivare specifici percorsi formativi ed informativi.[5] 

 

Prevenzione delle aggressioni

Uno studio ha dimostrato l’efficacia del sottoporre il personale sanitario a specifici corsi di formazione per la prevenzione delle situazioni a rischio di violenza.[6] Gli operatori a rischio dovrebbero poter ricevere una formazione sui rischi specifici connessi all’attività svolta, inclusi i metodi di riconoscimento di segnali di pericolo o di situazioni che possono condurre ad aggressione. In particolare dovrebbero essere formati su come percepire i segnali indicatori di una minaccia (linguaggio delle parole e del corpo), disinnescare e dissuadere un’aggressione verbale (cosa dire e non dire), come controllare il proprio corpo e la propria emotività, come gestire le situazione critiche dovute a un’aggressione fisica, come mettersi al sicuro, come affrontare e gestire lo stress.

Il comportamento violento avviene spesso secondo una progressione che, partendo dall’uso di espressioni verbali aggressive, arriva fino a gesti estremi quali l’omicidio. Di seguito forniamo alcune indicazioni pratiche sul comportamento da adottare prima, durante e dopo un’aggressione.

 

Strategie per evitare l’aggressione imminente

Se ci sembra che l’aggressione sia imminente si può tentare di prevenirla utilizzando i seguenti accorgimenti: usare con l’interlocutore frasi brevi dal contenuto chiaro, usare un tono di voce rassicurante, rivolgersi all’interlocutore usando il suo cognome, ascoltare l’interlocutore senza interromperlo, dichiararsi disponibile alla ricerca di una soluzione, non polemizzare, non dare ordini o avvertimenti, non rimproverare o giudicare, non ironizzare o fare sarcasmo, non sminuire.

 

Se l’aggressione è cominciata

Nel caso in cui l’aggressione sia cominciata, soprattutto se l’aggressore brandisce un’arma, allontanarsi rapidamente, mettersi in sicurezza e chiamare la vigilanza, se presente, o le forze dell’ordine. Se questo non è possibile, come ultima ratio si può far ricorso alla “legittima difesa” (art. 52 del codice penale). Questa è una sorta di “autotutela” che l’ordinamento giuridico consente al cittadino qualora si trovi ad essere ingiustamente aggredito e non possa ricorrere alla tutela dell’autorità pubblica. I tre criteri che consentono di far ricorso alla legittima difesa sono: la costrizione, la necessità e la proporzionalità fra difesa ed offesa. In pratica si deve essere nella condizione di non potersi sottrarre all’aggressione (per esempio se ci si trova in uno spazio chiuso o in un angolo), la minaccia deve essere in corso e ineludibile, e vi deve essere una proporzionalità tra offesa e difesa (per esempio, non si può colpire qualcuno solo perchè ci ha insultato).

 

Cosa fare dopo 

  • Informare del fatto il proprio responsabile (Direttore di Unità Operativa, Coordinatore infermieristico ex Caposala, ecc.)
  • Recarsi in Pronto Soccorso per le cure del caso e la dichiarazione di infortunio sul lavoro all’INAIL (l’aggressione sul posto di lavoro è un infortunio a tutti gli effetti)
  • A seguito della certificazione di infortunio compilare e trasmettere la “Comunicazione di infortunio” al Servizio Prevenzione e Protezione (SPP) della propria struttura 
  • Segnalare l’atto di violenza all’ufficio di Risk Management aziendale. Se l’azienda non lo contempla, sulla scheda di segnalazione, detta di “Incident Reporting”, è comunque indicato l’ufficio al quale indirizzare la scheda (questa è reperibile presso il reparto o scaricabile dal sito aziendale). La segnalazione è di tipo volontario, quindi è a discrezione dell’operatore se segnalare o meno anche se sarebbe bene farlo in quanto costituisce “evento sentinella” da segnalare al Ministero della salute.

Se l’atto di violenza si configura come reato, a seguito della denuncia dell’aggressione da parte del lavoratore o della stessa Autorità Giudiziaria, il lavoratore ha diritto alla tutela legale gratuita da parte dell’Azienda, il cosiddetto “Patrocinio legale”.[7] Si ricorda che si è obbligati a denunciare all’Autorità Giudiziaria qualsiasi reato procedibile d’ufficio che si verifichi durante l’attività lavorativa[8] (tutte le lesioni che generano un periodo di malattia superiore ai 20 giorni sono procedibili d’ufficio). L’operatore coinvolto potrà inoltre, costituendosi parte civile nel processo penale, richiedere il risarcimento dei danni patiti a seguito dell’aggressione.

 

In un altro articolo abbiamo visto a quali tutele ha diritto l’operatore in caso di evento avverso con danno al paziente (qui).

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BIBLIOGRAFIA

[1] Ministero della Salute. “Prevenzione degli atti di violenza a danno degli operatori sanitari”. Raccomandazione n. 8. Roma, 2007

[2] D.Lgs. n. 81/2008. Attuazione dell’art.1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Gazzetta Ufficiale n. 101, S. O. 108, 30 aprile 2008

[3] Cassazione sentenza 4012/1998

[4] Della Porta D. “Sicurezza operatori sanitari. La vigilanza armata non esonera la struttura dalle sue responsabilità”. Articolo pubblicato sul sito sul sito di informazione sanitaria QuotidianoSanità.it in data 03-02-2018

[5] Della Porta D. “Aggressioni in sanità. Datore di lavoro colpevole se non attiva evento formativo dopo l’episodio“.  Articolo pubblicato sul sito di informazione sanitaria QuotidianoSanità.it in data 29 giugno 2019

[6] Cahill D. The Effect of ACT‐SMART on Nurses’ Perceived Level of Confidence Toward Managing the Aggressive and Violent Patient. Advanced Emergency Nursing Journal, 2008. pp. 252–268

[7]  CCNL integrativo comparto sanità del 20.9.2001, art. 26 e CCNL aree dirigenziali del 8.6.2000, art. 25

[8] Ex art. 361 -362 c.p.

 

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