Pubblicato il

Reti tempo dipendenti e rischio sanitario: quale rapporto?

 

L’obiettivo delle reti “tempo dipendenti” è fornire il prima possibile al paziente l’intervento più adeguato per la sua patologia. La mancata adozione delle reti determina un aumento del rischio clinico collegato al differimento nel tempo del trattamento medico-specialistico necessario al paziente

 

(aggiornato marzo 2024)

La condizione di maggiore fragilità psico-fisica di una persona si manifesta in particolare nel bisogno di assistenza in emergenza. Per fornire una immediata ed efficace risposta in molte Regioni è stata operata una riorganizzazione dei servizi e dell’assistenza sanitaria secondo il concetto di rete previsto dal DM 70/2015,[1] di cui sono cardine le reti per le patologie cosiddette “tempo dipendenti”.

 

Ma cosa sono le reti “tempo dipendenti” ?

Con reti “tempo dipendenti” si identificano tutte le Reti clinico assistenziali in cui, al verificarsi dell’evento acuto, il fattore tempo costituisce un elemento determinante per la qualità e l’esito delle cure, in presenza di condizioni ad elevato rischio di mortalità.[2]

Le reti “tempo dipendenti” consistono prevalentemente in raccomandazioni diagnostiche e terapeutiche per la gestione del paziente critico dal territorio al primo contatto ospedaliero e, nei casi in cui sia indifferibile una stabilizzazione primaria in ambiente ospedaliero, il trasferimento secondario in continuità di soccorso presso la struttura più appropriata per la patologia del paziente.

Le reti si articolano attualmente in:

  • Rete infarto STEMI: la rete per l’Infarto Miocardico Acuto (IMA) permette di attuare la precoce terapia riperfusiva coronarica e il trasporto del paziente con IMA con sopra-slivellamento del tratto ST (STEMI) in sala emodinamica per intervento di angioplastica primaria 
  • Rete cardiologica: la rete cardiologica per l’emergenza è un’estensione della rete infarto STEMI per quelle patologie cardiologiche che possono andare incontro a condizioni di emergenza clinica (aneurismi dissecanti dell’aorta toracica, alcune aritmie, alcune forme di scompenso, ecc.)
  • Rete ictus: la rete permette di attuare la precoce terapia trombolitica nei pazienti con ictus cerebrale ischemico o trattamento neurochirurgico nei pazienti con ictus emorragico
  • Rete trauma: la rete permette la centralizzazione del paziente con trauma grave al centro più adeguato per livello ed intensità di cure
  • Rete neonatologica e dei punti nascita: la rete permette il corretto inquadramento delle gravidanze a rischio, in modo da indirizzare la gestante al punto nascita più idoneo.

La Conferenza Stato-Regioni ha recentemente approvato il documento “Linee guida per la revisione delle reti cliniche –Le reti cliniche tempo dipendenti”, predisposto dall’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS) che individua i requisiti generali che devono essere presenti in tutte le reti per raggiungere quanto prima un’omogeneità del modello su tutto il territorio nazionale.[3]

 

Quali sono i fattori di rischio clinico conseguenti alla mancata adozione delle reti “tempo dipendenti” sul territorio?

L’obiettivo delle reti “tempo dipendenti” è contribuire al precoce ed idoneo trattamento specialistico del paziente critico, finalizzato all’abbattimento della percentuale di mortalità e di esiti invalidanti.

Purtroppo l’attuazione del modello di rete non è ancora uniforme su tutto il territorio nazionale. Si evidenzia a livello regionale un panorama estremamente diversificato con livelli di efficacia delle reti regionali molto variabile, talvolta anche all’interno della stessa regione. La rete dell’emergenza-urgenza tempo-dipendente funziona bene in varie Regioni del Nord mentre risultano ancora criticità soprattutto al Sud come in Sardegna e soprattutto Campania, che risulta ultima.[4, 5, 6] La mancata operatività delle reti “tempo dipendenti” assume importanza non solo dal punto di vista etico ed umano, per i danni al paziente, ma anche per le conseguenze economiche in termini di aumento dei costi per la società derivanti dall’inabilità e dalla ridotta produttività delle persone danneggiate. 

La mancata adozione delle reti “tempo dipendenti” nel territorio determina un aumento del rischio clinico collegato al differimento nel tempo del trattamento medico-specialistico necessario al paziente (ricordiamo che il rischio clinico è  la probabilità che un paziente sia vittima di un evento avverso imputabile, anche se in modo involontario, alle cure sanitarie). In molte realtà il mezzo di soccorso si limita semplicemente a trasportare il paziente all’ospedale più vicino, dove magari la struttura non è idonea per il trattamento tempestivo della patologia presentata dal paziente, ciò può comportare gravi ritardi dal punto di vista assistenziale, contribuendo così ad un aumento delle “morti evitabili”. 

Il rischio è che pazienti con caratteristiche tali da richiedere un trattamento avanzato siano indirizzati verso centri minori (spoke), e, allo stesso tempo, che pazienti che invece non necessitino di trattamenti avanzati siano trasportati in centri maggiori (hub) con inutile sovraffollamento del servizio di emergenza. Per esempio un paziente con un infarto acuto (IMA) dovrebbe essere trasportato presso un centro di emodinamica per una rivascolarizzazione precoce anche se più distante rispetto a un piccolo ospedale con capacità ridotte. In questi casi l’errato indirizzamento del paziente richiederà un trasferimento secondario con ambulanza o elicottero presso il centro di trattamento definitivo, con inevitabile ritardo nelle cure. 

Come detto l’obiettivo delle reti “tempo dipendenti” è fornire il prima possibile al paziente l’intervento più adeguato per la sua patologia. Spesso ad intervenire è il mezzo di soccorso MSB (Mezzo di Soccorso di Base) con solo infermiere. Dove le reti non sono attive si determinano criticità legate all’impossibilità di applicare le procedure, per esempio, l’impossibilità per il personale infermieristico di iniziare già sul luogo dell’evento, in assenza di personale medico, gli atti terapeutici necessari al primo trattamento della patologia riscontrata. E’ questo il caso il caso dell’IMA. Le evidenze scientifiche hanno mostrato, nei pazienti con STEMI, che l’angioplastica coronarica (PTCA) è considerata il trattamento di scelta quando viene eseguita entro 90 minuti dal primo contatto con il Servizio sanitario.[7] I sistemi diagnostici a bordo dei mezzi di soccorso consentono di raccogliere dati clinici, come parametri vitali ed ECG, che vengono trasmessi al Pronto Soccorso o a strutture idonee per prepararsi al trattamento del paziente. Le reti prevedono che l’infermiere possa somministrare la terapia già sul luogo dell’evento dopo aver ricevuto la diagnosi di IMA dall’UTIC di riferimento previa teletrasmissione del tracciato ECG. Allo stesso modo, in caso di trauma, sarebbe impossibile per il mezzo MSB condurre il paziente alla struttura più idonea e non più vicina, con conseguenti gravi ritardi dal punto di vista assistenziale. 

 

Prevenzione

Nelle Regioni dove invece il sistema a rete è già operativo la prevenzione del rischio consiste nell’uniformare i vari servizi coinvolti nell’emergenza-urgenza attraverso l’adozione sistematica di procedure/protocolli ed intervenendo sulla formazione, portando tali procedure a conoscenza di tutti gli operatori sanitari attraverso apposite iniziative di addestramento del personale.[8]

 

 

Puoi trovare altri articoli inerenti la sicurezza nel sistema di emergenza urgenza a questa pagina.

Siamo anche su Facebook (qui). Puoi condividere il presente articolo attraverso i pulsanti che trovi in basso.

 

BIBLIOGRAFIA

[1] Decreto Ministeriale n.  70/2015 “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera”. Ministero della Salute. Allegato 1, Punto 8

[2] Bevere F. “Reti tempo-dipendenti, le linee guida di Agenas” in Monitor, rivista trimestrale Agenas n. 42, 2017

[3] Conferenza Stato-Regioni del 24.01.2018: Accordo, ai sensi del punto 8.1 dell’Allegato 1 al decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, sul documento “Linee guida per la revisione delle reti cliniche – Le reti tempo dipendenti

[4] Agenas: ancora grandi differenze territoriali nelle Reti tempo-dipendenti“. Articolo pubblicato sul sito Sole24Ore Sanità il 25-03-2024

[5] Chiara Stella Scarano. “Stroke ischemico, in Campania ancora troppi “vuoti” sulle reti tempo-dipendenti“.  Articolo pubblicato sul sito di informazione sanitaria “Sanitainformazione” in data 31 Maggio 2021 (link)

[6] Agenas. “Gruppo Tecnico per l’elaborazione di proposte per l’attuazione e l’evoluzione della rete assistenziale dell’ictus – Relazione conclusiva”. Marzo 2023. Pag. 75

[7] Agenas. “Indicatori pne: ieri, oggi e domani” Rivista Monitor, n. 44. 2020. Pag. 15

[8] Conferenza Stato-Regioni del 24.01.2018: Accordo, ai sensi del punto 8.1 dell’Allegato 1 al decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, sul documento “Linee guida per la revisione delle reti cliniche – Le reti tempo dipendenti”. Allegato A. Punto 3.4.1

Foto di Adil Seilov da Pixabay

 

Creative Commons License