Dagli studi più recenti emerge che vi è uno stretto legame tra benessere lavorativo e sicurezza delle cure. Vediamo perchè
Il rischio clinico viene considerato come la probabilità che un paziente sia vittima di un evento avverso, ossia subisca un danno o un disagio imputabile alle cure prestategli, che prolunghino la degenza, causando il peggioramento delle condizioni di salute o la morte.[1]
Se gli operatori sanitari sono insoddisfatti del proprio lavoro anche il paziente rischia di subirne le conseguenze. Infatti, come dimostrano le ricerche, un buon clima interno all’organizzazione influenza in modo rilevante il rischio sanitario poiché la qualità delle prestazioni, in termini di efficienza, efficacia, appropriatezza e sicurezza, è direttamente proporzionale allo stato di salute fisica e mentale degli operatori.[2]
La letteratura conferma la correlazione tra il funzionamento del gruppo di lavoro e la sicurezza dei pazienti. In particolare è stato evidenziato come aspetti quali la gerarchia e un clima non collaborante impediscano la tempestiva segnalazione di carenze latenti e di errori che possono determinare eventi avversi.[3]
Particolarmente importante nell’ambito del gruppo è la discussione intorno a specifiche esigenze di volta in volta individuate al fine di giungere alla conoscenza delle reciproche posizioni, alla condivisione delle conoscenze e alla creazione della sinergia necessaria a conseguire gli obiettivi. Vanno pertanto organizzate riunioni di tutto il gruppo o di parti di esso. In considerazione della rilevanza del gruppo di lavoro ai fini della qualità delle cure e della sicurezza del paziente, vanno accuratamente valutate le sue implicazioni sugli esiti clinici e sugli eventi avversi e adottate sistematicamente strategie per il miglioramento del lavoro e dei suoi risultati.
Molti sono i fattori che impattano maggiormente, talvolta in modo molto grave, sulla sicurezza delle cure e sul benessere degli operatori sanitari, aumentando le probabilità di eventi avversi a danno dei pazienti. In una ricerca sono state prese in esame le istanze maggiormente sentite dai lavoratori, come la denuncia di un eccessivo carico di lavoro, la sensazione di non aver tempo sufficiente per portare a termine gli incarichi assegnati, la necessità di aver maggiore autonomia e discrezionalità nello svolgimento dei compiti e l’importanza del rapporto sociale con colleghi e superiori. E’ emerso che in un ambiente attivo sembrano prevalere un crescente sentimento di soddisfazione e un migliore stato di salute, mentre in un ambiente carico di tensione sembrano essere più frequenti i problemi di salute e di stress.[4]
Rilevante in tal senso è un recente studio scientifico, secondo il quale nei reparti in cui il Coordinatore infermieristico (ex “Caposala”) esercita uno stile di leadership etico e autentico, i livelli di cinismo, di stress e di burnout tra gli infermieri scendono considerevolmente, mentre al contrario aumentano i livelli di soddisfazione lavorativa, di dedizione al lavoro e di senso di appartenenza all’organizzazione, con un impatto diretto anche sugli errori, risultando in particolare una riduzione delle cadute, delle infezioni e della mortalità all’interno dei reparti.[5]
In un altro articolo abbiamo parlato dell’importanza della “Cultura della sicurezza” nei luoghi di lavoro (qui).
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BIBLIOGRAFIA
[1] [1] Kohn L. T., Corrigan J. M., Donaldson M. S. (a cura di), “To Err is Human. Building a Safer Health System, Committee on Quality of Health Care in America“, Institute of Medicine, National Academy Press, Washington, D.C., 1999
[2] Ministero della salute. “Manuale di formazione per il governo clinico: la sicurezza dei pazienti e degli operatori” 2012, pag. 83
[3] Ibidem. Pag. 69
[4] Ibidem. Pagg. 85-86
[5] “La leadership del coordinatore infermieristico riduce gli errori in corsia. I risultati dello studio coordinato dal Policlinico Tor Vergata“. Articolo pubblicato sul sito di informazione sanitaria “QuotidianoSanità” in data 14-09-2022 (link)