Pubblicato il

Consenso informato scritto obbligatorio per legge e l’importanza di una comunicazione efficace verso un’evoluzione digitale in sanità

Molti contenziosi medico legali inerenti il consenso informato sono da attribuire a difetti di comunicazione. Le nuove tecnologie possono aiutare in questo senso?

 

Come stabilito dal Codice di Deontologia Medica all’articolo 30[1] il medico non ha solo l’obbligo di informare il paziente ma anche quello di farlo in maniera più comprensibile possibile in modo da rendere quanto più accessibile il contenuto dell’informazione stessa adeguando la qualità della comunicazione alle condizioni del paziente in tutte quelle circostanze in cui quest’ultimo fosse meno ricettivo a causa del suo stato di salute o di una medicazione che ne limita temporaneamente la capacità di comprensione e ciò vale anche in tutti quei casi in cui il paziente è un soggetto vulnerabile o fragile come ad esempio nel caso degli anziani che necessitano di assistenza continua o di chi per la prima volta si trova a fare i conti con una problematica più seria di quel che pensava.

L’aspetto della comunicazione della corretta informazione quindi, nei casi in cui non si presenta l’urgenza, è un percorso travagliato, multidisciplinare e delicato come nel caso ad esempio della procreazione medicalmente assistita dove l’intero percorso comunicativo è un elemento importante per valutare la diligenza del medico che ha l’obbligo di comprendere i bisogni del paziente informando adeguatamente la coppia di ciò che comporterà l’iperstimolazione ovarica e ciò che conseguentemente significherà per la donna ed il feto nel caso di gravidanze multiple a seguito dell’impianto.[2]

L’informazione che viene dunque data, nella maggior parte dei casi, è messa per iscritto non solo per tenerne traccia per la valutazione di un eventuale contenzioso ma anche perché per molti casi è proprio previsto dalla legge come per le trasfusioni ematiche, la donazione di midollo, gli accertamenti diagnostici riguardo il virus dell’HIV, la donazione di organi e tessuti o l’interruzione volontaria di gravidanza.[3]

Tali moduli sono spesso però formulati in maniera generica e non sempre quindi sono idonei al livello conoscitivo del paziente medio anche perché detti moduli vengono formulati da società scientifiche e quindi sono impeccabili dal punto di vista medico ma carenti dal punto di vista comunicativo.

Matrice di tale problema non sono solo i soggetti più deboli o vulnerabili ma anche e soprattutto i pazienti stranieri che non hanno dimestichezza con la lingua del territorio nazionale in cui si trovano, in quanto l’accessibilità della comunicazione risulta essere ancora più limitata e quindi vi è necessità di chiedere l’ausilio di un mediatore linguistico adeguatamente preparato al caso di specie.

L’importanza di una totale e proficua comunicazione medico paziente è facilmente ravvisabile nell’ambito della chirurgia e l’anestesia che spesso vanno a formare un perfetto connubio di innovazione in tutti quei casi in cui si ha la possibilità di svolgere interventi più o meno invasivi che abbiano una degenza ospedaliera limitata. Proprio in questi casi è fondamentale che il paziente comprenda a pieno le istruzioni da seguire per un buon decorso post operatorio.

Vi sono però casi in cui si intraprendono piani terapeutici con esiti non esattamente conosciuti proprio perché la casistica dei rischi non è chiara ed in questo caso l’obbligo di informazione da parte del medico per rischi non del tutto noti non fa ricadere il professionista in responsabilità alcuna. Un altro evento particolare con la relativa possibilità di una comunicazione recepita in maniera ambigua è quando ci si trovi davanti a dati scientifici che fanno riferimenti a casistiche generiche ad esempio in caso di eventi epidemiologici o nel caso di esiti vaccinali dove appunto è quasi impossibile percepire lo specifico effetto su un determinato soggetto tanto che appunto l’analisi del rischio stesso è facilmente influenzabile da fraintendimenti comunicativi tra medico e paziente.[4]

La legge n. 219/2017, all’articolo 1 comma 4 afferma “Il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni alle condizioni del paziente, è documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare. Il consenso informato, in qualunque forma espresso, è inserito nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico” va a creare un gap sostanziale tra quello che sembrerebbe diventare un obbligo del consenso informato in forma scritta per ogni tipo di intervento ed un “negozio giuridico” a forma libera tranne che per quei trattamenti su cui grava un rischio assai più elevato del normale di incorrere in malpractice e quindi un desumibile esito inatteso se non addirittura mortale in cui si prevede appunto un obbligo di consenso in forma scritta.[5]

Infatti, il consenso, come sancito dall’articolo 1 comma 4 della legge 219/2017, può inoltre essere acquisito in casi particolari tramite videoregistrazioni e lo sviluppo in tal senso della e-health, e quindi l’incremento della tecnologia del fascicolo sanitario, obbliga il mondo del diritto contemporaneo a trovare un equilibrio sempre più stabile tra la digitalizzazione dei percorsi diagnostici e la garanzia dell’efficienza delle cure con la tutela dei dati personali.

Questo percorso di efficientamento porta con se molteplici vantaggi ma manifesta inoltre vari rischi a proposito della riservatezza dei dati personali i quali possono potenzialmente essere hackerati da terzi, che non ne siano autorizzati, rendendo vulnerabile la dignità del soggetto sottoponendolo inoltre anche a possibili atti discriminatori[6].

Il cosiddetto consenso informato 2.0 in Italia lo si trova in fase sperimentale in diverse strutture ospedaliere dove una start up formata da professionisti di vario genere ha dato vita ad un software chiamato Certior che permette con un clic di registrare tramite una camera tutti i momenti di dialogo tra il medico ed il paziente nella formazione del consenso informato.

La sua validità legale è garantita da un sistema di sicurezza criptato che non permette la modificazione del suo contenuto e ne conserva l’originalità e chiaramente la video ripresa deve essere accuratamente autorizzata dal soggetto in questione. Tale metodo di archiviazione dunque va ben oltre la sottoscrizione di un consenso scritto rendendo più semplice anche a distanza di anni ricostruire con completezza tutto il percorso informativo.[7]

L’importanza di tutto quanto appena detto dunque si riassume in un quadro d’insieme che tende ad amalgamarsi per rendere sempre più omogeneo un percorso a volte impervio dove un consenso tracciabile, se sottoscritto o video registrato previa autorizzazione, è certamente strumento di maggiore efficacia riguardo l’impossibilità di retroagire intraprendendo eventuali contenziosi giustificandoli con intenti poco chiari che diventano facilmente dunque evidenziabili soprattutto nel caso vi sia l’ausilio della digitalizzazione.

Questi metodi sempre più efficaci diventano però altrettanto essenziali nel caso sia il sanitario ad essere fallace e quindi a mancare nel processo informativo che condiziona e perfeziona la fase del consenso, anche nel caso di rifiuto ad esso.

La fase della comunicazione e della mediazione nel processo di acquisizione del consenso è assolutamente indispensabile che abbia determinate caratteristiche di limpidezza e di chiarezza riguardo tutti i casi in cui si predispone l’acquisizione del consenso scritto obbligatorio per legge a maggior ragione nei casi di ausilio volontario come le  trasfusioni ematiche o di donazione di organi tra viventi dove il consenso scritto formalizza e suggella atti di solidarietà sostanziali nei confronti del prossimo e dove si deve avere piena coscienza della qualità della vita futura.

Letizia Cascio
Dottoressa in Giurisprudenza

 

 

In un altro articolo abbiamo visto le principali caratteristiche della legge sul consenso informato (link).

Siamo anche su Facebook (qui). Puoi condividere il presente articolo attraverso i pulsanti che trovi in basso

 

BIBLIOGRAFIA

[1]  S.BAGGIO “La responsabilità della struttura sanitaria”,Giuffrè editore 2008,pag 323-324

[2] S. ALBANO, “Tecniche di procreazione assistita e direttive di fine vita: Il punto sulle principali questioni in tema di PMA” 04 maggio 2015 Questionegiustizia.it https://www.questionegiustizia.it/articolo/tecniche-di-procreazione-assistita-e-direttive-di-fine-vita_04-05-2015.php

[3] M.GRAZIADEI “Il consenso informato e i suoi limiti” Trattato di Biodiritto, a cura di Rodotà e Zatti, I diritti in Medicina, a cura di L. Lenti, E. Plermo, P. Zatti, Milano, 2011.

[4] CRUPI -ME MOTTERLINI ,” Decisioni mediche: Un punto di vista cognitivo” , Milano, Raffaello Cortina Editore, 2005.

[5]  LUCA BENCI, “Consenso informato. Cosa cambia con la nuova legge” ,Quotidiano Sanità 15 dicembre 2017 http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=56999

[6] FABRIZIO CARLINO “Il trattamento dei dati sanitari mediante il dossier sanitari”, Iusinitinere 29 maggio 2020 , https://www.iusinitinere.it/il-trattamento-dei-dati-sanitari-mediante-il-dossier-sanitario-28136#_ftn6

[7] ANDREA PEREN,FABIO MARIA DONELLI “Consenso informato: dal 2020
potrà essere videoregistrato”
09 dicembre 2019 OrthoAcademy.it http://www.orthoacademy.it/consenso-informato-2020-potra-essere-videoregistrato/

 

Creative Commons License