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In aumento le denunce ai sanitari: colpa o impreparazione?

 

Le denunce ai sanitari non accennano a diminuire, nonostante la nuova legge sulla sicurezza delle cure e la responsabilità professionale. Perchè?

 

Il rischio per gli operatori sanitari (medici, infermieri, ecc.) di compiere un errore durante la propria attività è sempre presente ed assume importanza non solo dal punto di vista etico ed umano, per i danni al paziente, ma anche per le conseguenze in termini di responsabilità civili e penali a cui possono andare incontro in caso di denuncia.

Purtroppo i dati indicano un costante incremento delle denunce ai sanitari da parte dei cittadini, sia in ambito civile[1] che penale.[2] La legge n. 24/2017 denominata “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale sanitaria“ (più nota come legge “Gelli”) ha cercato di mettere in campo soluzioni atte a risolvere il problema delle denunce ma queste purtroppo non sono tuttavia diminuite.

Buona parte dei casi denunciati vede un’effettiva responsabilità dei professionisti o delle strutture sanitarie, segno di una sofferenza del sistema. Da una recente ricerca, condotta su 1.380 casi, in 2 casi su 3 si è constatata un’effettiva responsabilità professionale della struttura o del medico.[3] 

Perchè le denunce non diminuiscono?  Con la nuova legge, il cittadino che intende rivalersi nei confronti di un determinato sanitario dovrà lui stesso dimostrare di aver subito il danno. Ciò costituisce senza dubbio un disincentivo ad intentare eventuali azioni legali per malpractice nei confronti dei sanitari. Diverso è il caso qualora il paziente scelga di chiamare in causa la struttura sanitaria, in questo caso spetterà all’ospedale o alla Asl provare di non avere responsabilità per i danni subiti dal paziente.[4] Questo è un grosso vantaggio per il paziente, che deve dimostrare unicamente di essersi rivolto alla struttura e di aver subito un danno. Tutto ciò tutela maggiormente gli operatori sanitari ma non produce effetti in termini di riduzione del numero di denunce. Si è semplicemente spostato il problema da un ambito ad un altro, cioè dai singoli professionisti alle strutture sanitarie. L’obiettivo doveva essere invece quello di diminuire le richieste di risarcimento, e non solo i disagi per i professionisti.

Naturalmente siamo tutti d’accordo che sono necessarie azioni e soluzioni per affrontare efficacemente il problema. Ma cosa si sta facendo, in questo senso? Come dimostrato dalla letteratura internazionale, le cause degli errori e degli avvenimenti avversi in sanità sono spesso da ricercarsi nell’intera organizzazione del lavoro, che crea le condizioni favorevoli al verificarsi dell’errore, e non solo nel comportamento del singolo.[5, 6] In quest’ottica, la legge “Gelli” ha mai trovato veramente applicazione? Quanti strumenti e quante attività si sarebbero dovute implementare per aumentare la sicurezza delle cure nelle strutture sanitarie, provvedimenti che invece sono stati disattesi? Valutazione dei rischi, cultura della prevenzione, formazione e aggiornamento del personale, benessere organizzativo, miglioramento della qualità, conoscenza della legislazione sanitaria, rispetto delle norme in materia di sicurezza sul lavoro, rispetto delle evidenze scientifiche sono argomenti sconosciuti in molte strutture sanitarie. L’applicazione della legge è stata fatta finora a macchia di leopardo, con alcune Regioni che si sono dimostrate più virtuose rispetto ad altre. Per esempio, in alcune Regioni non solo non esiste ancora un “Centro regionale per la gestione del rischio clinico” ma neanche viene svolta un’adeguata raccolta delle informazioni relative a quello che accade nel proprio territorio, con scarsissimo personale dedicato a tale compito.[7] 

Gli stessi Centri regionali, quando esistenti, non assolvono adeguatamente al loro compito: non producendo analisi sull’appropriatezza delle cure, non svolgendo attività di ricerca, non relazionandosi sufficientemente con i responsabili del rischio clinico delle singole aziende sanitarie, non conducendo visite periodiche presso le stesse aziende per accertarsi dell’applicazione delle buone pratiche, non svolgendo sufficienti azioni di misurazione e monitoraggio degli eventi avversi denunciati dalle aziende sanitarie.[8] Carenze organizzative si ritrovano anche a livello locale: in molte aziende sanitarie i “risk manager” non sono figure dedicate a tale compito ma professionisti spesso sottratti ad altri incarichi, che pertanto si occupano di rischio clinico solo nei ritagli di tempo.[9]

L’Italia è uno dei pochi Paesi al mondo ad avere una legge dedicata alla sicurezza sanitaria, la legge 24/2017 sopra citata, ma il rischio di una deriva della sicurezza delle cure, nonostante tale norma, è possibile poiché manca la verifica della sua effettiva applicazione.[10] Per esempio, nonostante la rilevanza sociale ed anche economica della questione relativa ai contenziosi derivanti dalla responsabilità medica, non esiste attualmente alcun ente pubblico incaricato di raccogliere ed esaminare i dati derivanti da tale fenomeno.[11] Un altro esempio è il fatto che attualmente le Regioni assegnano alle aziende sanitarie degli obiettivi di rischio clinico da realizzarsi nell’ambito di “Piani aziendali di Risk Management” (o aventi simile denominazione) che però non hanno alcun valore certificativo dell’attività realmente svolta stante l’assenza di un sistema di monitoraggio e verifica dei risultati dichiarati dalle stesse aziende. Il che è come, ci si passi il paragone, chiedere all’oste se il vino è buono.

 

 

In un altro articolo abbiamo parlato delle novità introdotte dalla legge “Gelli” (qui).

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BIBLIOGRAFIA

[1] Bollettino statistico “L’attività Assicurativa nel Comparto Salute (2014–2019)” (link

[2] Panoramasanità. “A Roma una denuncia penale al giorno per i medici“. Articolo pubblicato il 21-02-2020 (link

[3] Scarano C. S. “Malasanità. Il medico c’entra solo 3 volte su 10. Ortopedia la branca più a rischio”. Articolo pubblicato sul sito di informazione sanitaria QuotidianoSanità il 03-04-2023

[4] Legge 24/2017. “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. Art. 7, comma 1

[5] Donaldson L., Ricciardi W., Sheridan S., Tartaglia R. “Manuale di sicurezza del paziente e gestione del rischio clinico”. Cultura e Salute editore, Perugia, 2022

[6] Reason J. “Human error: model and management”. BMJ 2001; 320: 768-70

[7] Convegno Fondazione Italia In Salute. “La Gestione del Rischio Sanitario a cinque anni dalla Legge n. 24/2017: le attività dei Centri Regionali per la sicurezza delle cure e dei Clinical Risk Manager a confronto”. Roma, 13 dicembre 2022. Intervento del Dr. Federico Gelli (link)

[8] Ibidem. Intervento della Prof.ssa Fidelia Cascini

[9] Ibidem. Intervento del Dr. Stefano Kusstatscher

[10] Tartaglia R., Cascini F., La regina M., Tanzini M. “Sicurezza delle cure, ancora troppo limitate le evidenze quantitative“. Articolo pubblicato sul sito di informazione sanitaria QuotidianoSanità il 02-03-2022

[11] Treglia M, Pallocci M, Passalacqua P, Giammatteo J. et al. “Medical Liability: Review of a Whole Year of Judgments of the Civil Court of Rome“. Int J Environ Res Public Health. 2021 Jun 3;18(11):6019 (link)

 

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