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L’Infermiere di Famiglia o di Comunità, chi è e cosa fa

 

Si parla sempre più spesso dell’Infermiere di Famiglia o di Comunità. Ma di cosa si occupa esattamente questa figura, e in quale ambito opera?

 

I cambiamenti demografici e l’invecchiamento progressivo della popolazione hanno per conseguenza un aumento delle cronicità, disabilità e fragilità e quindi una maggiore domanda di assistenza a lungo termine.

Infatti nella popolazione all’aumentare dell’età è associato un aumento delle condizioni di cronicità e comorbilità; i soggetti con almeno tre patologie rappresentano il 37% della popolazione con età >75anni. Tali dati epidemiologici sono particolarmente importanti perché sottolineano la necessità di una reale presa in carico dei soggetti con patologia a lungo termine.

È necessario pertanto intervenire sulla prevenzione implementando dei sistemi di assistenza territoriale finalizzati alla presa in carico delle persone fragili e con pluripatologie.

Tra le iniziative volte alla riorganizzazione dei servizi territoriali la normativa ha previsto la costituzione della figura dell’Infermiere di Famiglia o di Comunità (d’ora in avanti IFoC) come figura dedicata alla presa in carico globale dei soggetti fragili e anziani con pluripatologie.[1]

La sua funzione è principalmente la “presa in carico” dell’assistito, fungendo da collegamento tra le figure professionali sanitarie (MMG, PLS, Specialisti, altri infermieri, ecc.) e i servizi socio-sanitari presenti sul territorio.[2]

A livello internazionale sono molti i Paesi che beneficiano dell’infermieristica di famiglia e di comunità nell’ambito delle cure primarie: Stati Uniti, Canada, Inghilterra, Scozia, Slovenia, Spagna, Qatar e Botswana.

Il ruolo esercitato dagli infermieri di famiglia e comunità determina un grande impatto reale sulla vita dei cittadini. Essi infatti, conoscendo e attivando la rete locale hanno un ruolo fondamentale nello svolgere attività di prevenzione e promozione di comportamenti e stili di vita sani.

L’IFoC collabora alla valutazione dei bisogni della persona e della famiglia per evidenziare ed anticiparne i bisogni e a seguirli in maniera continuativa lungo tutto il percorso di vita, secondo un approccio di sanità di “iniziativa”. Cosa si intende con questo termine? Viene definito sanità di “iniziativa” l’obiettivo di mantenere l’utenza di riferimento in condizioni di buona salute, rispondendo ai bisogni del singolo paziente in termini sia di prevenzione sia di cura. In tale ottica, particolare attenzione viene posta ai soggetti con patologie croniche, oggi sempre più diffuse tra la popolazione italiana.[3, 4]

 Si passa quindi da un modello “passivo” in cui l’erogazione dell’assistenza avveniva solo nel momento in cui il paziente sta male, ad uno “attivo”, capace di intervenire prima dell’evento acuto, dove si cerca di prevenire la malattia o il suo aggravamento.

Infatti ancora oggi il paziente anziano con patologie croniche (es. tumori, diabete, malattie cardiovascolari o polmonari) viene dimesso dall’ospedale senza una reale presa in carico da parte del servizio sanitario nazionale, cosa che facilita con il tempo la riacutizzazione della malattia e la conseguente riammissione in ospedale, contribuendo, tra l’altro, al sovraffollamento dei Pronto Soccorso. L’IFoC aiuta il paziente a seguire il percorso di cura indicato dal medico, lo educa a prendersi cura di sé, monitora attivamente il suo stato di salute e lo facilita nell’accesso alle prestazioni programmate (es. follow up, controlli periodici, ecc.). Importante è l’educazione alla corretta assunzione dei farmaci: infatti è dimostrato che al crescere dell’aderenza alla terapia medica, corrisponde una significativa riduzione del tasso di ospedalizzazione.[5]

In questo modo si possono individuare precocemente eventuali segni di ricaduta e si può allertare il medico di medicina generale in modo da intervenire tempestivamente sul singolo caso, evitando il riacutizzarsi della patologia e quindi la riammissione in ospedale.

L’Infermiere di Famiglia o di Comunità trova collocazione principalmente nelle Case di Comunità, nelle “Centrali Operative Territoriali” e negli Ospedali di comunità.

Secondo un recente studio, finalizzato a valutare il benessere organizzativo degli IFoC, questi sono risultati complessivamente soddisfatti del proprio lavoro, con livelli di stress e burnout più bassi rispetto ai colleghi impiegati in contesti ospedalieri.[6]

 

 

In un altro articolo abbiamo parlato dell’Ospedale di comunità (qui).

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BIBLIOGRAFIA

[1] AGENAS. “Corso di formazione manageriale Agenas: i project work dei discenti sullo sviluppo dell’assistenza territoriale”. I Quaderni, Supplemento alla rivista semestrale Monitor, marzo 2024. Pag. 94

[2] Ibidem. Pag. 66

[3]Linee di Indirizzo Infermiere di Famiglia/Comunità” della Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome

[4]Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel Sistema Sanitario Nazionale” redatta dal Gruppo di lavoro Agenas sull’assistenza territoriale 

[5] Misericordia P., Polistena B., Spandonaro F. “Aderenza alle terapie. Tra problemi e soluzioni. Lo studio Crea Sanità-Fimmg“. Articolo pubblicato sul portale sanitario QuotidianoSanità il 18 settembre 2019 e disponibile al seguente link  

[6] Zaghini F., Fiorini J., Gioiello G., Sili A. “Il benessere organizzativo dell’Infermiere di Famiglia e Comunità: uno studio osservazionale”. Rivista L’Infermiere 2024, 61:1, e24– e34

 

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