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Tutte le strade portano al Pronto Soccorso

Le conseguenze del sovraffollamento dei Pronto Soccorso possono influire negativamente sulla morale e la motivazione del personale sanitario, che spesso si trova a lavorare in condizioni difficilissime. Non da meno sono le condizioni dei pazienti,  che si trovano ricoverati in “ospedali da campo”, senza dignità e protezione 

 

Negli ultimi decenni si è assistito ad un aumento esponenziale degli accessi in Pronto Soccorso (PS), per vari motivi, dando vita così al fenomeno del sovraffollamento. L’accumulo notevole di persone in attesa di visite e prestazioni, in luoghi originariamente non destinati a questo scopo, ha ridotto i PS a gironi danteschi.

Chiunque sia stato in un PS avrà avuto modo di constatare le difficili condizioni in cui versano pazienti e operatori sanitari, con sale di attesa affollate all’inverosimile, con stanze per lo stazionamento dei pazienti gremite di barelle, spesso accatastate le une vicino alle altre, in una condizione di promiscuità inaccettabile tra uomini e donne, senza rispetto per la privacy, con luci sempre accese, allarmi continui dei monitor, tra il via vai di ambulanze e barelle. Gli anziani soli, spaventati, disorientati, spesso privi di riferimenti possono trascorrere ore o addirittura giorni nei corridoi del PS, senza un letto o la supervisione adeguata del personale sanitario, morendo talvolta su una barella in totale solitudine.[1] Un ambiente somigliante più ad un ospedale da campo al fronte, che a un vero ospedale.

Spesso gli operatori in servizio vengono aggrediti, senza nessuna colpa da parte loro, perché scontano problematiche organizzative che risiedono al di fuori dei Pronto Soccorso, che riguardano la sanità nel suo complesso e sulle quali non hanno alcun potere. L’operatore sanitario in queste condizioni non ha più un volto amico ma il volto anonimo di colui che rappresenta tutte le inadempienze della sanità pubblica, e su cui sfogare la propria  rabbia e frustrazione.

Si sente parlare spesso di soluzioni al limite del ridicolo da parte di chi in PS non vi ha mai messo piede, e soprattutto senza fare niente di concreto. Dov’è il rispetto che i cittadini meritano, dov’è l’umanizzazione delle cure di cui tanto si parla, dov’è la dignità del lavoro per medici, infermieri e altri operatori sanitari? Questo è quello che deve aspettarsi un medico o un infermiere, dopo tanti anni di studio? Lavorare in PS è già di per sé un lavoro usurante, dove si interviene su pazienti in pericolo di vita, dove si prendono decisioni in pochi attimi, non è pensabile di aggiungere stress ad altro stress. Non è un caso la fuga in massa dei sanitari dai PS verso il privato o all’estero, o la fuga dalle scuole di specializzazione in medicina d’urgenza, condizione che rischia di lasciare sguarnito un settore fondamentale della sanità, come quello dell’emergenza-urgenza.[2] Il risultato è la necessità di utilizzare i “gettonisti” per coprire i turni, pagati a peso d’oro dalla sanità pubblica (ne abbiamo parlato qui).

 

 

In un altro articolo abbiamo parlato del fenomeno del sovraffollamento nei PS e delle possibili soluzioni (qui).

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BIBLIOGRAFIA

[1] Mila Cantagallo. “Anziana rimane tre giorni in attesa in barella, il figlio la trova morta al Pronto soccorso di Chieti“. Sito web Corriere Adriatico, 20 Maggio 2023 (link)

[2] 18° Forum Risk management in sanità. Sessione “La tutela del paziente e dei professionisti“. Intervento della Dott.ssa Tiziana Frittelli. Arezzo, 23 novembre 2023

Foto di David Mark da Pixabay

 

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