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Pronto Soccorso, un inferno abitato da angeli

Le conseguenze del sovraffollamento dei Pronto Soccorso possono influire negativamente sulla morale e la motivazione del personale sanitario, che spesso si trova a lavorare in condizioni difficilissime. Non da meno sono le condizioni dei pazienti,  che si ritrovano sbattuti di fatto in “ospedali da campo”, senza dignità e protezione 

 

Negli ultimi decenni si è assistito ad un aumento esponenziale degli accessi in Pronto Soccorso (PS), per vari motivi, dando vita così al fenomeno del sovraffollamento. L’accumulo notevole di persone in attesa di visite e prestazioni, in luoghi originariamente non destinati a questo scopo, ha ridotto i PS a gironi infernali. Forse neanche Dante, quando ha creato la Divina Commedia, avrebbe potuto immaginare simili luoghi di pena.

Chiunque sia stato in un PS avrà avuto modo di constatare le difficili condizioni in cui versano pazienti e operatori sanitari, con sale di attesa affollate all’inverosimile, con stanze per lo stazionamento dei pazienti gremite di barelle, spesso accatastate le une vicino alle altre, in una condizione di promiscuità inaccettabile tra uomini e donne, senza rispetto per la privacy, con luci sempre accese, disturbati continuamente dagli allarmi dei monitor, tra il via vai di ambulanze e persone. I pazienti possono trascorrere ore o addirittura giorni nei corridoi del PS, senza un letto o la supervisione adeguata del personale sanitario, morendo talvolta su una barella in totale solitudine. Un ambiente somigliante più ad un ospedale da campo in prima linea, che a un ospedale vero e proprio.

Spesso gli operatori sanitari vengono malmenati, perché scontano problematiche organizzative che risiedono al di fuori dei Pronto Soccorso, e sulle quali non hanno alcun potere. L’operatore sanitario non ha più un volto amico ma il volto anonimo di colui che rappresenta tutte le inadempienze della sanità pubblica, e su di lui si sfogano tutta la rabbia e la frustrazione dei cittadini.

Dov’è il rispetto che i cittadini meritano, dov’è l’umanizzazione delle cure di cui tanto si parla, dov’è la dignità del lavoro per medici, infermieri e altri operatori sanitari? Questo è quello che deve aspettarsi un medico o un infermiere, dopo tanti anni di studio universitario? Lavorare in PS è già di per sé un lavoro duro e stressante, dove si interviene su pazienti in pericolo di vita, dove si prendono decisioni in pochi attimi, non è pensabile di poter aggiungere stress ad altro stress. Non è un caso la fuga in massa dei sanitari dai PS verso altri reparti o nel privato o all’estero, come denunciato dalle principali rappresentanze dei professionisti sanitari, condizione che rischia di lasciare sguarnito un settore fondamentale della nostra sanità, proprio quello in cui ci sentiamo più fragili, quello dell’Emergenza-Urgenza.[1, 2]

Si sente parlare spesso di soluzioni al limite del ridicolo da parte di chi in PS non vi ha mai messo piede, e soprattutto senza fare niente di concreto. Diceva Einstein: “Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi”.

Si è parlato spesso degli operatori sanitari come “angeli”, e sicuramente lo sono per sacrificio e spirito di abnegazione, ma nel caso dell’emergenza, angeli che abitano all’inferno. 

 

 

In un altro articolo abbiamo parlato del fenomeno del sovraffollamento nei PS e delle possibili soluzioni (qui).

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BIBLIOGRAFIA

[1] “Specializzandi in fuga: sono quasi 6mila secondo l’Anaao. La scelta guarda agli sbocchi nel privato, Pronto soccorso addìo e pesa lo stress Covid. Di Silverio: «Non è un problema di medici ma di specialisti»” (link)

[2]Proseguono gli episodi di violenza contro i medici. Anaao: “Non basta la polizia negli ospedali. O si cambia o ci femiamo” (link)

Foto di David Mark da Pixabay

 

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