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Aggressioni ai sanitari in Pronto Soccorso, ecco perchè accadono

 

Per contrastare il fenomeno delle aggressioni una legge inasprisce le pene fino a 16 anni di carcere. Riteniamo che tale provvedimento non sia però risolutivo del problema, vediamo perchè

 

(aggiornato maggio 2024)

Numerosi studi[1] certificano che le aggressioni ai sanitari sono in continuo aumento e di sempre maggior gravità. Tra questi, gli operatori di Pronto Soccorso (PS) risultano essere tra quelli più a rischio in virtù del tipo di attività svolta. Diciamo subito che tale fenomeno, anche se si manifesta nei PS, non dipende da problematiche dei PS, ma da cause più generali. Vediamole di seguito.

Negli ultimi decenni si è assistito ad un aumento esponenziale degli accessi in PS, per vari motivi, dando vita così il fenomeno del sovraffollamento.[2] In caso di sovraffollamento, l’eccessivo carico di lavoro non permette al personale sanitario di prestare assistenza ai pazienti con la necessaria tempestività, il che genera sentimenti di rabbia e frustrazione nelle persone che si traducono, non poche volte, in aggressioni ai sanitari.

Ma da cosa dipende il sovraffollamento e perchè una volta non accadeva? Le cause dell’aumentato afflusso di pazienti in PS sono varie ma due sono le principali. Tra i fattori in “ingresso” l’incidenza maggiore è da ascriversi al progressivo invecchiamento della popolazione e quindi al maggior numero di pazienti affetti da patologie croniche che, sempre più, si rivolge al sistema dell’emergenza. Negli ultimi decenni il miglioramento delle cure ha incrementato la sopravvivenza e l’età media dei pazienti anziani affetti da pluripatologie croniche che, non trovando risposte sul territorio, ricorrono alle cure del dipartimento d’emergenza.

Tra i fattori in “uscita” il fattore che pesa maggiormente è la difficoltà a ricoverare tempestivamente i pazienti, per carenza di posti letto disponibili. La riduzione dei posti letto in ospedale, operata a partire dal 2012,[3, 4] ha comportato una sempre maggiore difficoltà a ricoverare i pazienti nei reparti che quindi permangono in PS in attesa di collocazione.[5, 6] Attualmente, solo per fare un esempio, il PS di un grande ospedale romano accoglie in media 27 malati al giorno in attesa di ricovero. La riorganizzazione dei posti letto ospedalieri aveva l’obiettivo di ricondurre ai servizi ambulatoriali, day-hospital e del territorio le prestazioni di minore gravità e l’assistenza ai pazienti cronici, lasciando le situazioni patologiche acute alle strutture ospedaliere. Molte Regioni hanno ridotto i posti letto senza però porre prima le basi per il potenziamento dell’assistenza territoriale, presupposto necessario per la riuscita della riforma (es. creazione delle Case della Salute, di strutture post-acuzie, ecc.). Da una recente indagine della Regione Emilia Romagna è emerso che, in media, dove c’è una Casa della Salute si riducono del 21,1% gli accessi al PS per cause che non richiedono un intervento urgente (vedi).

 

Provvedimenti per il contrasto alle aggressioni ai sanitari

Il Ministero della Salute ha emanato nel 2007 la Raccomandazione n. 8 “Prevenzione degli atti di violenza a danno degli operatori sanitari”.[7] La Raccomandazione fornisce agli operatori sanitari indicazioni per l’identificazione e la prevenzione degli atti di violenza, fornisce alle aziende una serie di suggerimenti pratici, come l’impiego nell’area di emergenza di addetti alla sorveglianza, l’installazione di telecamere, corsi di formazione per il personale, ecc.

Per ridurre il sovraffollamento sono state approvate le “Linee di indirizzo nazionali sul triage intraospedaliero” che stabiliscono dei tempi di attesa massimi di presa in carico dei pazienti.[8] E’ stata inoltre approvata una legge, la cosiddetta legge “antiviolenza”, che inasprisce le pene fino a 16 anni di carcere e prevede la procedibilità d’ufficio (cioè senza bisogno di sporgere denuncia) in caso di aggressione ai sanitari.[9]

Questi provvedimenti, anche se utili, non sono risolutivi, perchè si concentrano solo sugli effetti e non sulle cause del problema. E se non si eliminano le cause, il problema rimane.

 

La soluzione è nel potenziamento dell’assistenza territoriale

L’invecchiamento progressivo della popolazione italiana e il conseguente incremento delle patologie cronico degenerative costituiscono un problema da affrontare per il nostro sistema sanitario: secondo studi recenti in Italia, nei prossimi dieci anni, otto milioni di anziani avranno almeno una malattia cronica grave.[10] È necessario pertanto intervenire sulla prevenzione implementando dei sistemi di assistenza territoriale finalizzati alla presa in carico delle persone fragili e affette da patologie a lungo termine. Ancora oggi, invece, il paziente anziano con patologie croniche (tumori, diabete, malattie cardiovascolari o polmonari) viene dimesso dall’ospedale senza una reale presa in carico da parte del servizio sanitario, cosa che facilita con il tempo la riacutizzazione della malattia e la conseguente riammissione in ospedale, contribuendo, cosi, al sovraffollamento dei PS.

Importanti novità sono contenute nel Decreto 23 maggio 2022, n. 77 che delinea nuovi standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi per l’assistenza territoriale, che dovrebbero costituire una vera e propria rivoluzione del sistema sanitario.[11] Il percorso di revisione prevede una riorganizzazione dei servizi sanitari con l’istituzione di nuove strutture di l’assistenza primaria (es. Case di Comunità, Ospedali di Comunità, Centrali Operative Territoriali, ecc.). La riorganizzazione ha l’obiettivo di ricondurre ai servizi territoriali l’assistenza primaria (non autosufficienza e cronicità), lasciando le situazioni patologiche acute alle strutture ospedaliere. 

 

Conclusioni

Le aggressioni ai sanitari che si verificano nei PS italiani non trovano origine in problematiche o disservizi o carenze proprie dei PS, ma nel sistema sanitario nel suo complesso. È necessario prevenire le aggressioni in PS eliminando le condizioni che le favoriscono, cioè il sovraffollamento e le lunghe attese che, esasperando il cittadino, lo inducono a comportamenti aggressivi. Per eliminare il sovraffollamento è necessario agire a livello sistemico, in particolare incrementando la medicina territoriale.

Temiamo che finché non si risolveranno questi problemi le aggressioni non solo continueranno ma aumenteranno sempre di più, con conseguenze sempre peggiori. 

 

In un altro articolo abbiamo visto le possibili soluzioni per far fronte al fenomeno del sovraffollamento in Pronto Soccorso (qui).

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BIBLIOGRAFIA

[1] National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH): Violence – Occupational Hazard in Hospitals. April 2002

[2] American College of Emergency Physicians, 2002

[3] ISTAT. Annuario statistico italiano. 2017, pag. 114

[4] Ministero della Salute. Decreto 02 aprile 2015, n. 70 

[5] Rastelli G., Cavazza M., Gianfranco C. “Sovraffollamento in Pronto Soccorso, Analisi del fenomeno e proposte di gestione”. Emergency Care Journal – Organizzazione, clinica, ricerca, 2010

[6] Mongardi M. et al. “Il fenomeno delle dimissioni ospedaliere ritardate nella regione Emilia-Romagna”. Management ed economia sanitaria. 2013

[7] Ministero della Salute. Raccomandazione n. 8 “Prevenzione degli atti di violenza a danno degli operatori sanitari”. 2007

[8] Linee di indirizzo elaborate dal Tavolo di lavoro istituito presso il Ministero della Salute e approvate il 1° agosto 2019 dalla Conferenza Stato-Regioni – Triage intraospedaliero, pag. 9 (link)

[9] Ddl n. 867-B recante “Disposizioni per la tutela della sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni”. Art. 4

[10] Italia Longeva “Proiezioni Istat al 2030 e 2050

[11]Decreto 23 maggio 2022, n. 77. “Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale” (link)

Foto Credits LensGo AI

 

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