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Caduta del paziente durante il soccorso e responsabilità dell’equipaggio 118

Non garantire la sicurezza del paziente durante un intervento di soccorso in emergenza può esporre il personale a responsabilità professionale, in caso di danni al paziente

 

La caduta dei pazienti è uno degli eventi avversi maggiormente ricorrenti in ambito intraospedaliero ma può verificarsi anche sul territorio, per esempio in occasione di un soccorso in emergenza o del trasporto con ambulanza da un ospedale all’altro. Spesso l’attività di movimentazione del paziente, specie durante il tragitto in barella, avviene in condizioni disagevoli, potenzialmente a rischio cadute come, per esempio, terreni sconnessi, presenza di buche o avvallamenti del terreno, tratti di strada scarsamente illuminati o in pendenza. Non sono rare però le cadute dovute a fattori umani come imprudenza o negligenza.

Tale problema riveste una certa importanza se si pensa che sono considerati come “eventi sentinella” dal Ministero della Salute tutti i possibili errori che possono realizzarsi nella fase assistenziale del trasporto (un evento sentinella è un “evento avverso di particolare gravità, potenzialmente evitabile, che può comportare morte o grave danno al paziente”).[1]Si consideri che il ribaltamento della barella e quindi la caduta a terra del paziente può causare traumi al paziente anche gravi fino al decesso, per esempio in caso di trauma cranico.[2]

Oltre a danni di tipo fisico e psicologico, le cadute comportano anche un aumento della degenza, attività diagnostiche e terapeutiche aggiuntive oltre che un incremento dei costi sanitari e sociali.

Per evitare tali incidenti, la struttura ed i professionisti sanitari devono adottare idonee misure di prevenzione e di sicurezza. La formazione del personale è, da questo punto di vista, fondamentale. Il Ministero della salute ha emanato nel 2010 la Raccomandazione n. 11 “Morte o grave danno conseguenti ad un malfunzionamento del sistema di trasporto intraospedaliero, extraospedaliero” elaborata come strumento di riferimento per la prevenzione dei casi di morte o di grave danno ascrivibili a criticità collegate alla fase assistenziale del trasporto. Tale Raccomandazione indica “la formazione e l’addestramento continuo del personale addetto al soccorso e trasporto dei pazienti come un’attività di primaria importanza, per garantire sicurezza ai pazienti e agli stessi operatori”.[3] La conoscenza dei fattori di rischio, collegati alle diverse tipologie di trasporto sanitario, consente agli operatori una migliore valutazione degli interventi da effettuare e di conseguenza la riduzione dei rischi collegati al trasporto dei pazienti sia in ambito ospedaliero che extraospedaliero.

Un’adeguata formazione permetterà di eseguire ogni soccorso in completa sicurezza; la conoscenza del funzionamento dei presidi in dotazione come la barella, unitamente all’utilizzo degli elementi ad essa collegati (cinture di sicurezza, spallacci con fibbie in metallo) e alla manutenzione contribuiranno a ridurre il rischio di cadute dei pazienti durante il trasporto e le manovre di soccorso.[4]

La formazione tutela anche gli stessi operatori, contro i rischio di infortunio. Il Testo unico sulla sicurezza del lavoro prevede, soprattutto in occasione dell’introduzione di nuove attrezzature (come, per esempio, un nuovo modello di barella), una adeguata formazione e addestramento del personale.[5]

 

Conseguenze legali in caso di danni al paziente

Per gli operatori sanitari (ma vale lo stesso per il personale non sanitario come i volontari) la prevenzione di tale fenomeno assume importanza non solo dal punto di vista etico ed umano, per i danni al paziente, ma anche per le conseguenze in termini di responsabilità civili e penali a cui possono andare incontro in caso di denuncia. Secondo la Cassazione “il personale addetto all’ambulanza esercita un servizio non meramente di trasporto ma di assistenza sanitaria, servizi che sono funzionalmente inscindibili, e ha l’obbligo di provvedere a che il trasporto si compia preservando le condizioni di salute del trasportato”.[6]

Le possibili responsabilità di natura penale sono rappresentate dai reati di lesioni colpose (art.590 c.p.) o, in caso di decesso, del reato di omicidio colposo (art.589 c.p.).[7] Esiste una discreta casistica in tal senso. Nel 2013 un infermiere è stato condannato per omicidio colposo perché, incaricato del trasferimento di una paziente a mezzo ambulanza con barella da un reparto ad un altro dello stesso ospedale, cagionava il decesso della medesima facendola rovinare al suolo.[8] Un autista soccorritore è stato condannato nel 2015 per omicidio colposo per la morte di un paziente caduto dalla barella. Al conducente dell’ambulanza si rimproverava di non aver prestato la sua collaborazione nell’assicurare il paziente con le previste cinture e nella movimentazione della barella, che richiedeva la presenza di due operatori.[9]

A ciò si aggiunga l’eventualità di essere chiamati a risarcire il danno al paziente o ai superstiti della vittima, in caso di decesso (responsabilità civile). In caso di condanna al risarcimento dei danni per colpa lieve l’operatore è “coperto” dall’azienda sanitaria[10] mentre in caso di condanna per colpa grave, invece, l’azienda sarà tenuta a risarcire il paziente ma con l’obbligo di rivalersi sul professionista per il recupero delle somme versate (la cosiddetta “rivalsa”). Per ovviare a questo problema la legge “Gelli” sulla responsabilità sanitaria e la sicurezza delle cure[11] ha previsto l’obbligo per ciascun esercente la professione sanitaria di provvedere alla stipula, con oneri a proprio carico, di un’apposita polizza di assicurazione per colpa grave. Ne abbiamo parlato in questo articolo.

 

 

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BIBLIOGRAFIA

[1] Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Protocollo per il Monitoraggio degli Eventi Sentinella. Roma, 2009

[2]Paziente cade dalla barella, picchia la testa e muore: indagati due soccorritori”. Sito web “Il gazzettino”, marzo 2019  (link)

[3] Ministero della Salute. Raccomandazione n. 11 “Morte o grave danno conseguenti ad un malfunzionamento del sistema di trasporto intraospedaliero, extraospedaliero”. Roma, 2010

[4] Imbriaco G. “Risk management nell’emergenza sanitaria”. N&A mensile italiano del soccorso, 2010

[5] Decreto Legislativo 09-04-2008, n. 81. Attuazione dell’art.1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro

[6] Corte di Cassazione. Sentenza n. 23851 del 18.09.2008

[7] Le lesioni personali prevedono la pena della reclusione da un minimo 3 mesi fino ad un massimo di 2 anni, a seconda dell’entità delle lesioni (o la multa, in via alternativa, di misura variabile a seconda della gravità delle lesioni cagionate). L’omicidio colposo prevede invece la reclusione da un minimo di 6 mesi fino ad un massimo di 5 anni.

[8] Corte di cassazione, Sezione IV pen., sentenza n. 16260 del 6 marzo 2013

[9] Cassazione Penale, Sez. IV, sentenza n. 14007/2015

[10] Accordo 20 settembre 2001 “Contratto collettivo nazionale di lavoro integrativo del CCNL del personale del comparto Sanità stipulato il 7 aprile 1999”. Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24 ottobre 2001

[11] Legge n. 24/2017. “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. Art. 10

 

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