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Lesioni da pressione nei pazienti: si tratta sempre di negligenza?

Problemi di natura organizzativa, scarsità di mezzi e di personale nelle strutture sanitarie possono tradursi in un maggiore rischio per i pazienti, vediamo perchè

 

Le lesioni da pressione, una volta denominate ulcere o piaghe da decubito, sono un’area localizzata di danno della cute e dei tessuti sottocutanei. Le lesioni da pressione sono molto frequenti in particolare nella popolazione ospite di strutture preposte alle cure sanitarie (case di cura, strutture per lungodegenti e residenze sanitarie assistite).

Le lesioni da pressione nei pazienti rappresentano un importante indicatore di qualità dell’assistenza, in quanto si tratta di una condizione potenzialmente prevenibile e prevedibile. Tali lesioni non sono da sottovalutare considerando che possono evolvere in uno stato di sepsi generalizzata, e quindi condurre il paziente anche a morte. Ciò si traduce in frequenti denunce, sia civili che penali, che vengono presentate alle strutture sanitarie da parte dei familiari dei pazienti.[1, 2]

Omettere di effettuare le dovute attività atte a prevenire e curare i pazienti espone gli operatori sanitari a comportamento colposo consistente, secondo la giurisprudenza, nella maggioranza dei casi, in negligenza o condotta omissiva.

Tale obbligo si scontra spesso con l’impossibilità per gli operatori di poter operare in condizioni ottimali, come si osserva in molte strutture sanitarie, primo tra tutti un inadeguato rapporto numerico tra personale sanitario e pazienti. In una situazione di carenza di personale aumenta il numero di attività alle quali i sanitari devono dedicarsi, con tutti i rischi che ciò comporta in termini di sicurezza.[3, 4] La carenza di personale nelle strutture sanitarie è ampiamente riconosciuta nella letteratura come un problema ed è ormai assodato che ha un impatto sulla qualità dell’assistenza.[5]

Secondo la Cassazione la struttura sanitaria è tenuta a fornire al paziente tutto quanto necessario ad una corretta assistenza, compresa la messa a disposizione di personale medico, infermieristico e ausiliario nonchè la fornitura di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicanze o emergenze.[6] Da ciò consegue l’apertura a forme di responsabilità autonome della struttura sanitaria, che prescindono dall’accertamento di una condotta negligente del medico o degli altri sanitari e trovano invece la propria fonte nell’inadempimento delle obbligazioni di assistenza sanitaria a essa direttamente riferibili.

Si precisa che la prova del danno non basta a definire la responsabilità dell’operatore sanitario. Affinché ciò avvenga deve essere provato che esiste un preciso legame tra il comportamento tenuto dall’operatore e il danno subito dal paziente, il cosiddetto “nesso causale” (in pratica, un rapporto di causa-effetto).

La carenza di personale può causare un’insufficiente assistenza nei confronti dei pazienti e, di conseguenza, facilitare l’insorgenza di patologie che proprio della prevenzione si giovano, come le lesioni della cute.[7] Quando il danno deriva da vere e proprie carenze di organico all’interno della struttura, la stessa si rivela il soggetto che ne è direttamente responsabile. In questo caso è più probabile che il nesso causale sia da ricercare nella carenza di personale, che non permette di assicurare i necessari interventi assistenziali ai pazienti, piuttosto che la negligenza degli operatori. 

Case di cura e altre strutture di assistenza hanno il dovere di evitare la formazione di lesioni da pressione nei pazienti anche se è bene puntualizzare che non sempre queste sono evitabili. Tuttavia, l’aggravamento si può prevenire e, al primo segno, se vengono prese misure adeguate, le complicazioni mediche più gravi possono essere evitate. Ma per far questo è necessario che il personale di case di cura e strutture sanitarie sia sufficiente in modo da aver tempo da dedicare alla cura e al controllo dei pazienti. 

È di fondamentale importanza pertanto che chi ha la responsabilità di dirigere e amministrare le strutture sanitarie valuti periodicamente i carichi lavorativi, individuando il personale necessario al loro corretto svolgimento, per non andare incontro a conseguenze di natura legale. Eventuali omissioni a questo compito, infatti, potrebbero far sorgere responsabilità dirette in ipotesi di danni ai pazienti dovuti a condizioni operative non ottimali.[8, 9, 10]

Opportunamente la legislazione più recente in materia di sicurezza delle cure ha posto l’efficienza organizzativa, tra cui logica vuole si debba ricomprendere anche un’adeguata dotazione di personale, come condizione necessaria per un’adeguata gestione del rischio sanitario.[11] 

 

 

In un altro articolo abbiamo fornito indicazioni per la prevenzione delle lesioni da pressione (link).

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BIBLIOGRAFIA

[1]Storica sentenza del Tribunale di Milano, per la prima volta condannato un ospedale per scarsa assistenza e piaghe da decubito in un ospedale“. Articolo pubblicato sul sito web Agi il 20 gennaio 2015 (link)

[2]Codici: “Ulcere da decubito sono grave forma di mancata assistenza. Tribunale di Roma condanna San Camillo Forlanini a risarcimento danni” (link)

[3] Ministero della Salute. Risk Management in Sanità. Il problema degli errori. Commissione Tecnica Rischio Clinico. 2004, Allegato 5

[4] Ministero della Salute. Sicurezza dei pazienti e gestione del rischio clinico: manuale per la formazione degli operatori sanitari. Roma, 2006, pag. 48

[5] Jacqueline F. Lavallée, Trish A. Gray, Jo Dumville et al. “Barriers and facilitators to preventing pressure ulcers in nursing home residents: A qualitative analysis informed by the Theoretical Domains Framework“.  International Journal of Nursing Studies,  Volume 82, June 2018, Pages 79-89 (link)

[6] Sentenza n. 6689/2018, terza Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione

[7] Sasso L., Bagnasco A., Catania G. et al. “Il numero di pazienti assistiti da ogni infermiere, le cure mancate, la qualità dell’assistenza e la sicurezza dei pazienti. Alcuni dati italiani dello studio RN4CAST per una riflessione condivisa”. Rivista L’Infermiere n°3 / 2019

[8] De Santis G. “Nomentana hospital: anziani senza cure. Il pm: 3 manager a processo”. Articolo pubblicato sul sito web del Corriere della Sera il 27 marzo 2020 (link)

[9] Margiocco M. “La responsabilità della struttura sanitaria per carenze strutturali o organizzative”. Rivista “Maps – Management per le professioni sanitarie”, Maggioli Editore, 2012, pag. 27

[10] Cass., sez. un., 1 luglio 2002, n. 9556, in Foro it., 2002, I, 3060, con nota di A. Palmieri, Risarcimento del danno morale per la compromissione di un intenso legame affettivo con la vittima di lesioni personali, e in Nuova giur. civ. comm., 2003, 689 ss., con nota di L. Favilli, La risarcibilità del danno morale da lesioni del congiunto: l’intervento dirimente delle Sezioni Unite

[11] Legge 24/2017. “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. Art. 1

 

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