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Rischio sanitario e impreparazione dei dirigenti: quale rapporto?

La gestione del rischio sanitario consente di aumentare la sicurezza per pazienti e operatori. Ma qual è la preparazione dei nostri dirigenti da questo punto di vista?

 

Il rischio clinico è la possibilità che un paziente subisca un danno involontario imputabile alle cure sanitarie. In realtà sarebbe più corretto parlare di rischio sanitario in quanto i rischi riguardano tutta l’organizzazione, e non solo di rischio clinico, che riguarda i danni ai pazienti. L’implementazione di un sistema di gestione del rischio nelle strutture sanitarie ha come obiettivo quello di migliorare la qualità delle prestazioni e aumentare la sicurezza per pazienti e operatori (medici, infermieri, ecc.).[1, 2] 

Questo dovrebbe essere l’obiettivo principale per tutti i professionisti sanitari, a partire dalla dirigenza, sia medica che infermieristica. Purtroppo non sempre è cosi. Spesso, ancora oggi, i vertici di una struttura sanitaria (Direttore Generale, Direttore Sanitario, Direttore Amministrativo), cosi come le altre figure coinvolte nella dirigenza (Direttori di Unità Operativa, Coordinatori infermieristici, Posizioni organizzative) non possiedono sufficienti conoscenze in materia di rischio sanitario, situazione che li porta inevitabilmente a sottovalutare la problematica della sicurezza delle cure. Il carattere fiduciario dell’incarico di Direttore Generale ha generato, non di rado, la necessità per la politica di far ricadere la preferenza su persone non all’altezza di un così importante compito perché non dotate delle competenze tecniche necessarie.[3] Invece, come sappiamo, la prevenzione del rischio sanitario si basa principalmente sulla conoscenza, tra gli operatori, degli elementi che lo costituiscono. 

In molte aziende sanitarie i “risk manager” non sono figure dedicate a tale compito ma professionisti spesso sottratti ad altri incarichi, che pertanto si occupano di rischio clinico solo come seconda attività [4]

Inoltre, a volte, la percezione del rischio è minore in chi lavora a grande distanza dalla “prima linea”, perché la mancanza di un contatto diretto con i pazienti e la realtà operativa spinge i Direttori e gli altri dirigenti a sottovalutare le dinamiche di sicurezza. La conferma viene da una ricerca condotta nel 2022 secondo la quale il nostro sistema sanitario è caratterizzato da una scarsa o assente formazione del top management in materia di rischio sanitario, con il solo 9% dei Direttori Sanitari e Direttori Generali formati in questa materia.[5]

In Italia si registra purtroppo un forte ritardo rispetto allo studio di questa materia, quale parte integrante dei core curricula degli insegnamenti nelle Facoltà di Medicina/Infermieristica, soprattutto in confronto a quanto accade ormai da decenni in altri contesti internazionali soprattutto anglosassone come USA, Inghilterra, ecc.

La scarsa attenzione e la scarsa sensibilità della dirigenza al tema del rischio sanitario si evince indirettamente osservando i dati riguardanti strutture sanitarie pubbliche e private, dove i dati non sono confortanti: alto numero di eventi avversi prevenibili, scarsa formazione sul rischio clinico per il personale sanitario, mancata segnalazione degli eventi avversi da parte degli operatori, aumento esponenziale delle richieste risarcimento danni per malpractice, mancato rispetto delle normative in materia di sicurezza sul lavoro, ecc.

La valutazione dei rischi e la sicurezza delle cure dovrebbero invece essere considerati un importante obiettivo aziendale, al pari della produttività, della crescita e della redditività. Sarebbe auspicabile per il futuro che la gestione del rischio sanitario sia incluso tra i programmi obbligatori di formazione dei dirigenti delle ASL e Aziende Ospedaliere, in primis i dirigenti apicali. Ciò avrebbe l’effetto di rendere più sicuri i percorsi organizzativi, gestionali e di assistenza, migliorando la qualità dei servizi offerti al paziente e riducendo il rischio sanitario.

Un importante studio, svolto a cinque anni dall’approvazione della legge 24/2017 sulla sicurezza delle cure, ha suggerito per il futuro un processo di formazione e certificazione specifico per risk manager e alti dirigenti, in materia di gestione del rischio clinico.[6]

Un’ulteriore spinta all’implementazione di adeguati sistemi di gestione del rischio nelle strutture sanitarie verrebbe dal rendere il rischio sanitario un obiettivo obbligatorio da raggiungere per i Direttori Generali all’atto della nomina da parte delle Regioni, pena il mancato rinnovo dell’incarico. 

 

In un altro articolo abbiamo parlato dei costi economici degli errori sanitari (qui). 

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BIBLIOGRAFIA

[1] Reason J. Human error: models and management”. Bmj, 2000

[2] Legge 24/2017. “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. Art. 1

[3] Di Martino V., Andracchio D. “Il direttore generale delle aziende del servizio sanitario. Aspetti sostanziali e procedimentali alla luce del D.lgs. n. 171/2016, come modificato dal D.lgs. n. 126/2017“. Rivista di diritto sanitario e farmaceutico “IUS et SALUS”, 2020. Pag. 16

[4] Convegno Fondazione Italia In Salute. “La Gestione del Rischio Sanitario a cinque anni dalla Legge n. 24/2017: le attività dei Centri Regionali per la sicurezza delle cure e dei Clinical Risk Manager a confronto”. Roma, 13 dicembre 2022. Intervento del Dr. Stefano Kusstatscher  (link)

[5] Convegno Fondazione Italia In Salute. “La Gestione del Rischio Sanitario a cinque anni dalla Legge n. 24/2017: le attività dei Centri Regionali per la sicurezza delle cure e dei Clinical Risk Manager a confronto”. Roma, 13 dicembre 2022. Interventi della Dr.ssa Fidelia Cascini e Prof. Riccardo Tartaglia (link)

[6] Candido G, Cascini F, Lachman P, La Regina M, Parretti C, Valentini V, Tartaglia R. “Effects of the Italian Law on Patient Safety and Health Professional Responsibilities Five Years after Its Approval by the Italian Parliament“. Healthcare. 2023; 11(13):1858 (link)

 

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