I dirigenti apicali delle strutture sanitarie, in virtù della posizione di garanzia che ricoprono nei confronti di pazienti e operatori, rispondono del loro operato anche dal punto di vista penale
Come dimostrato dalla letteratura internazionale, le cause degli errori e degli avvenimenti avversi in sanità sono spesso da ricercarsi nell’intera organizzazione del lavoro, che crea le condizioni favorevoli al verificarsi dell’errore, e non solo nel comportamento del singolo.[1]La stessa legge 24/2017 (meglio conosciuta come “legge Gelli”) sulla sicurezza delle cure e la responsabilità professionale promuove “l’utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative” come attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio sanitario.[2]
Ciò coinvolge anche il tema della responsabilità perché, come è emerso da numerose sentenze di condanna per malpractice medico-sanitaria, se le strutture sanitarie sono carenti per struttura e organizzazione ne rispondono anche in sede penale.
Nella valutazione delle possibili responsabilità penali delle strutture sanitarie assume importanza l’operato di coloro che hanno la gestione e l’amministrazione della struttura, ai vari livelli nella quale essa si articola. In virtù del fatto che la responsabilità penale è personale[3] si deve fare riferimento alle figure apicali rappresentate dal Direttore Generale, Direttore Sanitario e Direttore Amministrativo (nelle strutture private individuate nelle figure del titolare della clinica e nel Direttore Sanitario). A queste figure può essere addebitata una responsabilità penale per danni ai pazienti qualora, indipendentemente dalla correttezza comportamentale dei medici e degli infermieri, si dimostri che abbiano omesso di compiere quanto in loro potere per far cessare eventuali disfunzioni.[4] [5] [6]
In ambito penalistico risulta fondamentale dimostrare il nesso causale fra il difetto organizzativo, il danno al paziente e il comportamento non adeguato e/o non corretto delle singole figure professionali, comprese le figure verticistiche, considerando a tal proposito come penalmente rilevante possa essere l’attività omissiva (non fare una cosa che si aveva l’obbligo di fare).[7] Da questo punto di vista rilievo non indifferente vengono ad assumere le carenze strutturali ed organizzative delle strutture sanitarie quali, per esempio: inadeguatezza delle sale operatorie, attrezzature obsolete, strumentazione e/o attrezzature sanitarie non idonee, indisponibilità di strumenti necessari alle attività routinarie, deficit della manutenzione dei medesimi, assenza di presidi terapeutici, ecc.
La responsabilità del Direttore Generale non può essere mai esclusa laddove si tratti di adempimenti imposti ad esso in via esclusiva e quindi non delegabili (es. prevenzione degli infortuni).[8] Il D.Lgs. 81/08 disciplina la sicurezza dei luoghi di lavoro e prevede procedure di formazione ed informazione per dipendenti e lavoratori. Il Direttore Sanitario, individuato dal D.Lgs. come “dirigente”, ha l’obbligo di vigilare sulla corretta ottemperanza delle norme e sulla periodicità della compilazione e aggiornamento delle procedure insieme al Legale Rappresentante (Datore di lavoro).[9]
Per gli organi di vertice all’interno delle amministrazioni ospedaliere pubbliche che siano a conoscenza della carenza strutturale/organizzativa o la ignorino colpevolmente, gli unici fattori esimenti da responsabilità potrebbero consistere in cause di forza maggiore come, ad esempio, la mancanza di risorse economiche in bilancio.[10] In questo caso per riconoscere una responsabilità penale occorrerà valutare caso per caso l’operato dei manager, sulla base delle risorse economiche a disposizione. Per esempio, volendo agire nel rispetto della legge Gelli sopracitata, nel momento in cui una nuova tecnologia sanitaria diviene indispensabile per il trattamento di una particolare patologia, e le risorse finanziarie ne avrebbero potuto permettere l’acquisizione, non adottarla potrebbe configurare un comportamento negligente da parte della direzione aziendale, con tutto ciò che ne consegue in termini di responsabilità civili e penali, in caso di danno al paziente.
Casistica
Riportiamo di seguito, a titolo di esempio, alcune sentenze in cui si sono evidenziate responsabilità penali a carico dei vertici delle strutture sanitarie.
1) Si è concluso a luglio 2017 il processo di primo grado per omicidio colposo per la morte di una giovane donna che nell’agosto del 2008 accusò un malore su una spiaggia della Calabria.[11] La Procura aprì un’inchiesta perché il defibrillatore in dotazione all’ambulanza giunta sul posto aveva le batterie scariche. Per l’omesso controllo del defibrillatore è stato condannato per omicidio colposo, oltre all’infermiere in servizio quel giorno sul mezzo, anche il Direttore Sanitario della ASL cui afferiva il servizio 118, essendo emerso che i malfunzionamenti di quel dispositivo erano stati già più volte segnalati dagli infermieri agli stessi responsabili della ASL.
2) Di rilevante interesse è una pronuncia della Corte di Cassazione[12] nella quale veniva ascritta alla penale responsabilità del Direttore Amministrativo della struttura sanitaria, a titolo di colpa, la morte di una paziente a seguito di intervento chirurgico, per non aver predisposto un’organizzazione almeno sufficiente e tale da rendere comunque possibile almeno quel minimo di assistenza notturna post-operatoria (stanti le più specifiche competenze del Direttore Sanitario) che tutti gli interventi chirurgici eseguiti in anestesia impongono.
3) Ad una situazione di carenza strutturale potrebbe essere riconducibile il caso di una anziana signora deceduta in ospedale dopo essere caduta dalla barella in reparto. A sorpresa nel registro degli indagati la Procura ha iscritto per omicidio colposo il Direttore Generale, il Direttore Sanitario e altri due dirigenti di spicco dell’azienda sanitaria locale alla quale afferiva la struttura. Nel fascicolo non compaiono invece i nomi dei medici e degli infermieri del reparto, solitamente additati di fatti tragici come quello avvenuto.[13]
4) Il Direttore Sanitario di una casa di cura privata è stato condannato per omicidio colposo, con sentenza definitiva della Cassazione, per il decesso di una paziente a seguito di parto gemellare cesareo.[14] Nella fattispecie sono state attribuite al Direttore Sanitario: il mancato impedimento dell’effettuazione di parti cesarei nella struttura, perchè priva dei requisiti strutturali per gestire le possibili complicanze post-partum; l’omesso stoccaggio in sala parto di sacche di emazie o di plasma proporzionato al numero dei parti assistiti; la mancata predisposizione di un protocollo per le situazioni di emergenza quale quella prospettatasi nel caso in esame, come richiesto dalle specifiche raccomandazioni ministeriali.
In un altro articolo abbiamo visto come si valutano i rischi sul lavoro in sanità (qui).
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BIBLIOGRAFIA
[1] Reason J. “Human error: models and management”. Bmj, 2000
[2] Legge 24/2017. “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”
[3] Art. 27 della Costituzione italiana
[4] Caroleo Grimaldi F., Magnanti M. “Responsabilità medica e disfunzioni organizzative: la Cassazione gira il “conto” alle direzioni delle A.O.” Capitale Medica – Rivista dell’Ordine Provinciale di Roma dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri, Numero 1 – 2015, pag. 10
[5] Legge 24/2017. Cit.
[6] Cass. Pen. II 1986, Foro It., Rep. 1986
[7] Ventura Spagnolo E., Mondello C., Scurria S. et al. “La sicurezza del paziente in ambiente ospedaliero e la responsabilità professionale dei vertici strategici”. Pratica Medica & Aspetti Legali, Vol 10, No 3, 2016 (link)
[8] Filosa A. M. “Responsabilità penale degli organi di vertice delle strutture sanitarie“. Articolo pubblicato sul portale giuridico “Overlex” (link)
[9] ANDI Bologna. “La figura del Direttore Sanitario. Obblighi e responsabilità“. Settembre 2020
[10] Di Landro A. “La colpa penale nel settore sanitario: criteri generali di valutazione e situazioni emergenziali”. Articolo pubblicato sul sito di informazione giuridica “Penale Diritto e Procedura” il 22-03-2021 (link)
[11] “Morta per la mancanza del defibrillatore. Condanne e assoluzioni per medici e infermieri”. Articolo pubblicato sul portale giuridico ResponsabileCivile il 25-07-2017 e disponibile al seguente (link)
[12] Corte di Cassazione, IV Sezione Penale, sentenza n. 10093/1995
[13] Fiori L. “Donna morta dopo la caduta dalla barella: sotto inchiesta i manager dell’Ats”. Articolo pubblicato sul quotidiano online “La Nuova Sardegna” il 16 maggio 2019 (link)
[14] Corte di Cassazione, quarta sezione penale, sentenza n. 32477/2019
[15] Decreto Legislativo 09-04-2008, n. 81. Attuazione dell’art.1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Gazzetta Ufficiale n. 101, S. O. 108, 30 aprile 2008