Vediamo in questo breve articolo i principi base della responsabilità professionale degli operatori sanitari
Il rischio di commettere un errore in ambito sanitario è sempre possibile e assume particolare importanza non solo dal punto di vista etico ed umano, per i danni al paziente, ma anche per le conseguenze in termini di responsabilità civili e penali a cui possono andare incontro i professionisti in caso di denuncia. In questo caso si parla di responsabilità professionale. L’espressione “responsabilità professionale” indica l’eventualità che il professionista sia chiamato a rispondere ad una qualche autorità giudicante di una sua condotta errata.
Tolti i rari casi di dolo (ossia di danno causato intenzionalmente), la più frequente ipotesi di responsabilità sanitaria è quella che consegue ad un errore. Ma perché si deve rispondere di un fatto che non volevamo che accadesse? La risposta è nella prevedibilità dell’evento. Infatti se l’evento era prevedibile il giudice si domanda “Perchè non è stato evitato?” ed è di questo, appunto, che dobbiamo rispondere.
Le cure che possono involontariamente danneggiare il paziente possono essere svolte da sia da un singolo sia da un’equipe (si pensi all’equipe chirurgica), sia da un medico sia da altri professionisti sanitari come infermieri, o ostetriche: la casistica delle figure professionali soggette a responsabilità in ambito sanitario è quindi molto variegata.
Gli operatori sanitari, in caso di danno involontario al paziente, rispondono in sede penale per i reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose e in sede civile per danno biologico e danno da morte.
Ma che differenza c’è tra “civile” e “penale”? In sostanza in sede penale il giudice si occupa di stabilire se un dato professionista ha commesso un reato mentre in sede civile si occupa di accertare un eventuale danno ai fini del risarcimento al paziente.[1]
Come viene accertata la responsabilità professionale degli operatori sanitari?
Si configura responsabilità quando il danno alla persona è conseguenza della condotta colposa dell’operatore sanitario. Un evento si verifica per colpa e quindi si dice che è “colposo” in tutti i casi in cui il soggetto, pur potendo prevedere che la sua azione era tale da produrre conseguenze dannose o pericolose, agisce con scarsa attenzione o con leggerezza, senza cioè adottare quelle precauzioni che avrebbero impedito il verificarsi dell’evento.
Il grado di colpa può essere di due tipi: lieve o grave. Si parla di colpa grave quando viene appurato che il professionista non ha applicato le buone pratiche, cioè i protocolli obbligatori, e quando le cause del danno generato sono negligenza, cioè trascuratezza o distrazione e imprudenza, ossia un atteggiamento avventato da parte del sanitario che decide di applicare una procedura nonostante fosse al corrente dei rischi per il paziente. Per fare un esempio, si intende per colpa grave lasciare le pinze nell’addome del paziente o applicare una sacca di sangue al paziente sbagliato, in sostanza un errore grossolano. La colpa lieve insorge, invece, quando non viene usata la diligenza, la prudenza e la perizia propria dell’uomo medio. In altre parole, si tratta di un errore scusabile.
La colpa può verificarsi per imperizia, imprudenza o negligenza, come anche per inosservanza di leggi, regolamenti ordini o discipline[2] (la negligenza è la scarsa attenzione, lo scarso impegno nel proprio operato, l’imprudenza consiste nel non porre la necessaria cautela laddove l’ordinaria esperienza ne suggerisce l’uso, l’imperizia è la mancata conoscenza delle tecniche da esercitare).[3]
Si precisa che la prova del danno non basta a definire la responsabilità dell’operatore sanitario. Affinché ciò avvenga deve essere provato che esiste un preciso legame tra l’errore commesso e il danno subito dal paziente, il cosiddetto “nesso causale” (in pratica, il rapporto di causa-effetto tra il comportamento del sanitario e il danno al paziente).
In un altro articolo abbiamo visto come è possibile prevenire gli errori sanitari (qui).
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BIBLIOGRAFIA
[1] Art. 2043 codice civile
[2] Art. 43 codice penale
[3] Avoli A. “La responsabilità civile ed amministrativa in ambito sanitario alla luce della legge Gelli – Bianco. La posizione del medico legale”. Atti del II Convegno nazionale di Medicina legale per la Pubblica Amministrazione
Foto di leo2014 da Pixabay