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L’assicurazione colpa grave è sufficiente a tutelare gli operatori sanitari?

L’assicurazione “colpa grave” prevista dalla legge Gelli è sufficiente a tutelare gli operatori sanitari, in caso di richiesta risarcimento danni da parte del paziente?

 

(aggiornato marzo 2024) 

L’assicurazione colpa grave resa obbligatoria dalla legge 24/2017 (più nota come “legge Gelli”) potrebbe non essere sufficiente a tutelare gli operatori sanitari dal punto di vista economico, in caso di richiesta risarcimento danni da parte del paziente. Vediamo perchè.

Per tutti gli esercenti le professioni sanitarie dipendenti di strutture pubbliche e private la copertura assicurativa che “copre” loro eventuali errori viene garantita dalla struttura sanitaria di appartenenza.[1]Ma allora perché è obbligatorio sottoscrivere una assicurazione colpa grave se si è già “coperti” da quella aziendale?

I risarcimenti a carico delle strutture sanitarie valgono solo per condanne per colpa lieve mentre in caso di condanna del sanitario per colpa grave la struttura sanitaria è obbligata per legge a rivalersi sul dipendente per l’importo versato al paziente o ai suoi familiari a titolo di risarcimento dei danni, la cosiddetta “rivalsa”.[2] È proprio per salvaguardare gli operatori dal rischio di rivalsa che la legge Gelli ha previsto l’obbligo di assicurazione per colpa grave.[3] Prima della legge Gelli infatti l’operatore sanitario, qualora fosse stato privo di assicurazione personale, poteva essere obbligato a rimborsare all’amministrazione l’intero importo del risarcimento con somme di denaro anche ingenti talvolta nell’ordine di centinaia di migliaia di euro.[4] La legge Gelli ha introdotto un limite a questo obbligo, ora il medico o l’infermiere, come qualsiasi altro professionista sanitario, dovrà rifondere all’azienda a titolo di rivalsa una somma corrispondente alla retribuzione annua lorda moltiplicata per tre. [5] Il che significa, per esempio, nel caso di un infermiere, versare cifre che si aggirano intorno ai novanta mila euro, mentre per i medici intorno alle trecento mila. Queste cifre saranno coperte dall’assicurazione colpa grave, a patto che si sia stipulata apposita polizza professionale.

Il dipendente sanitario, che si sente protetto dall’assicurazione aziendale, tende quindi a dotarsi solo della polizza colpa grave, quella appunto prevista dalla legge Gelli. Il problema è che le somme richieste dai pazienti danneggiati, o meglio dai loro legali in sede di giudizio, possono essere anche molto superiori a quelle di cui abbiamo parlato, anche nell’ordine di un milione di euro o anche più! Ciò non dovrebbe preoccupare visto che la somma eccedente verrebbe coperta dall’assicurazione dell’ospedale.[6] In realtà non sempre è cosi perchè la legge Gelli non prevede un vero e proprio obbligo di assicurazione in capo alla struttura sanitaria, ma solo la facoltà di farlo, cosicchè molti ospedali scelgono di tutelarsi autonomamente attraverso fondi all’uopo costituiti, cosiddetti di “autotutela” o “autoritenzione”. Un fondo dedicato non è però una garanzia e non elimina il rischio di insolvenza dell’ospedale. Questa possibilità potrebbe prospettarsi per esempio qualora l’ospedale non abbia stipato fondi a sufficienza o quando l’assicurazione scelta dalla struttura sanitaria si riveli in seguito insolvente, come accaduto qualche anno fa ad una ASL del Veneto. In tali casi la legge Gelli ha previsto la costituzione di un fondo di garanzia ad hoc,[7] un pò sull’esempio del “fondo vittime della strada” ma è allo stato attuale di fatto inoperante (si è in attesa dello specifico decreto attuativo).[8] 

Pertanto qualora la struttura sanitaria sia impossibilitata ad assolvere al risarcimento, il danneggiato o i suoi eredi potrebbero chiamare in giudizio il professionista per richiedere il risarcimento del danno.

Esiste inoltre anche il rischio di un risarcimento in sede penale. L’ordinamento consente al paziente o ai familiari della vittima di costituirsi parte civile nel processo penale cioè la possibilità di partecipare al processo penale per la presentazione di una richiesta risarcimento danni (una sorta di “anticipo” del risarcimento vero e proprio, detta provvisionale). In un eventuale processo penale contro il professionista, il giudice potrebbe disporre anche il risarcimento dei danni in questa sede, che sarebbe a carico del sanitario.

Tutto questo pone il problema di quanto le coperture in autotutela possano ritenersi davvero efficaci, sul piano della protezione offerta agli operatori. Per cautelarsi da tali rischi una soluzione potrebbe essere la sottoscrizione di una polizza assicurativa che contempli non solo la colpa grave ma anche la Responsabilità Civile contro Terzi (RCT), facendo attenzione che il massimale offerto sia adeguato al proprio livello di rischio.[9] Una recente ricerca ha valutato che gli errori più “costosi” hanno raggiunto, in alcuni casi, i 3 milioni di euro.[10] In una revisione delle sentenze pubblicate dal Tribunale Civile di Roma il risarcimento più alto pagato è stato di 4,7 milioni di euro.[11] Alla luce di queste evidenze sarebbe opportuno dotarsi una polizza RCT che preveda un massimale di almeno 5 milioni di euro, soprattutto per i professionisti impiegati nei settori a più alto rischio (es. ortopedia, DEA/Pronto Soccorso, ginecologia, ecc.).

Qualora l’operatore sanitario operi come libero-professionista oppure presti la sua opera all’interno di una struttura privata in regime libero-professionale non vale il sopraindicato limite alla “rivalsa”, il che comporta il rischio per l’operatore sanitario di essere chiamato a rispondere illimitatamente con il proprio patrimonio.[12] Attenzione quindi anche qui a scegliere una polizza assicurativa che offra un massimale di copertura adeguato.

Il primo comandamento rimane sempre quello di prevenire gli errori, ne abbiamo parlato in questo articolo.

 

 

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BIBLIOGRAFIA

[1] Cedrone G. “Responsabilità professionale, Federico Gelli: «Sulla gestione del rischio tre regioni in ritardo. Polizza primo rischio, ecco quando farla…»”. Articolo pubblicato sul portale www.sanitainformazione.it il 26-11-2019 (link

[2] Legge n. 24/2017. “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale sanitaria”. Art. 9, comma 1

[3] Legge n. 24/2017. Cit. Art. 10

[4] Marsh Risk Consulting. Medmal Claims Italia. Undicesima edizione, 2020

[5] Legge n. 24/2017. Cit. Art. 9

[6] Benci L., Bernardi A., Fiore A. et al. “Sicurezza delle cure e responsabilità sanitaria” (Commentario alla legge 24/2017). Edizioni Quotidiano Sanità. Roma, 2017. Pag. 156

[7] Legge n. 24/2017. Cit. Art. 14, comma 1

[8] Damiano R. “Legge Gelli: mancanza decreti attuativi su assicurazioni rende complicato il quadro normativo”. 16-12-2019 (link

[9] Hazan M. “Decreto polizze. Ora si aprono nuovi scenari, ma si poteva (e doveva) fare di più”. Articolo pubblicato sul portare di informazione sanitaria Quotidiano Sanità il 02 marzo 2024

[10] Marsh Risk Consulting. Medmal Claims Italia. XIV edizione, 2023

[11] Treglia M, Pallocci M, Passalacqua P, Giammatteo J. et al. “Medical Liability: Review of a Whole Year of Judgments of the Civil Court of Rome“. Int J Environ Res Public Health. 2021 Jun 3;18(11):6019

[12] Cuttaia F.G. (2017). “La responsabilità civile e amministrativa in ambito sanitario alla luce del sistema a doppio binario introdotto dalla legge 8 marzo 2017, n. 24”. RATIO IURIS

 

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