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Documentazione sanitaria carente: quale responsabilità per l’operatore?

Come incide una documentazione sanitaria carente nell’accertamento della responsabilità professionale dell’operatore sanitario?

 

Il contenzioso giudiziario originato da denunce di pazienti e familiari avrebbe minore impatto se la documentazione sanitaria fosse compilata in modo corretto da medici ed infermieri.[1] Infatti la cartella clinica, cosi come la cartella infermieristica, assume non poca importanza ai fini della ricostruzione delle vicende sanitarie del paziente e ai fini dell’accertamento di eventuali responsabilità dei sanitari o della struttura.

Per la Cassazione una documentazione sanitaria carente è “indice di un comportamento assistenziale costantemente negligente e imperito, […] fonte certa di responsabilità”,[2] soprattutto se le mancate annotazioni hanno avuto un ruolo nel determinare l’insuccesso dell’atto sanitario. Il professionista sanitario deve pertanto essere a conoscenza dei pericoli che può comportare un’inadeguata compilazione della documentazione sanitaria, non soltanto per i danni che può provocare al paziente, ma anche alla luce delle gravi sanzioni, anche di tipo penale, alle quali può andare incontro in caso di denuncia (es. Falso materiale in atto pubblico, Falso ideologico in atto pubblico, ecc.).

A ciò si aggiungono le novità introdotte dalla legge 24/2017, più conosciuta come “legge Gelli”, sulla responsabilità professionale sanitaria e la sicurezza delle cure.[3] La legge sancisce di fatto l’obbligatorietà per gli esercenti le professioni sanitarie di attenersi alle linee guida emanate dalle Società scientifiche, sempre che queste “siano adeguate al caso concreto“.[4] Per attenersi alla disposizione normativa, e non rischiare di incorrere in future problematiche di natura legale, qualora l’operatore decida di discostarsi dalle linee guida, cosi come pubblicate ai sensi di legge, dovrà motivarne le ragioni nella documentazione sanitaria.[5]

Una diligente e puntuale compilazione della documentazione sanitaria serve anche alla struttura sanitaria per non soccombere in un eventuale giudizio civile o penale per responsabilità sanitaria. Secondo una stima la percentuale dei risarcimenti pagati dalla struttura per errore comprovato si aggira intorno al 30%, mentre il restante 70% di pagamenti rimane legato all’impossibilità di provare (come le regole della responsabilità contrattuale impongono) il “corretto adempimento” a fronte di un paziente “uscito” dal percorso terapeutico in condizioni peggiori di come era entrato.[6] In questo senso la documentazione sanitaria assume importanza rilevante.

Con la legge Gelli qualora il paziente decida di rivalersi sulla struttura sanitaria spetterà all’azienda sanitaria provare di non avere responsabilità per i danni subiti dal paziente. In questo caso sarà fondamentale per la struttura provare, attraverso la documentazione sanitaria, la corretta esecuzione della prestazione, cosa che diventa impossibile in caso di documentazione carente. Quest’ultimo caso rischia di far venire meno la possibilità di difendersi, con conseguente risarcimento dei danni al paziente, pur in assenza di un comportamento colposo. In questo caso la struttura risarcisce il paziente salvo poi il diritto di rivalersi sull’operatore in caso di condanna dello stesso per “colpa grave”.

Nell’accertamento della responsabilità sanitaria l’incompletezza della documentazione non stabilisce automaticamente la responsabilità del sanitario ma assume rilevanza solo qualora essa impedisca l’accertamento che esiste un legame tra il comportamento dell’operatore e il danno subito dal paziente (il cosiddetto “nesso causale”).[7]

 

In un altro articolo abbiamo visto le principali modifiche apportate alla responsabilità professionale dalla nuova legge 24/2017 (qui).

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BIBLIOGRAFIA

[1] Bilancetti M. “La responsabilità civile e penale del me dico”, Cedam, Padova, 1995, p. 94

[2] Cassazione civile, III sez., sentenza del 19 febbraio 1998, n. 18557

[3] Legge n. 24/2017. “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie

[4] Ibidem. Art. 6

[5] Fondazione Italia in Salute. “Le linee guida dopo la legge n.24/2017. Aggiornamenti e prospettive“. I Quaderni della Fondazione Italia in Salute n. 2, a cura di Federico Gelli e Fidelia Cascini, prima edizione, anno 2020. Pag. 31

[6] Cast Education “La Responsabilità in ambito sanitario: orientarsi nella complessità“. Evento FAD e-learning, 18 Ottobre 2021 – 30 Settembre 2022

[7] Cass. Civ., sez. III, sentenza n. 29498 del 14 novembre 2019 (link)

 

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