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Ambulanze “connesse”: rischio elettromagnetismo per gli operatori?

Le ambulanze “connesse” possono costituire un rischio per i lavoratori dal punto di vista delle onde elettromagnetiche?  Cosa emerge, in merito, dalla letteratura scientifica?

 

La telemedicina è l’insieme di tecniche mediche ed informatiche che permettono la cura di un paziente a distanza. L’impiego di questa nuova tecnologia promette vantaggi significativi anche nell’assistenza e nella cura anche nel campo dell’emergenza-urgenza, ma crea anche dei dubbi sui possibili rischi. Tra questi vi sono quelli legati alla presenza di campi elettromagnetici all’interno dei mezzi di soccorso, conseguenti all’utilizzo di trasmittenti, radio, computer, sistemi satellitari, cellulari, antenne, ecc. necessari al collegamento con gli altri attori del sistema dell’emergenza (Centrale Operativa 118, Pronto Soccorso).

In un prossimo futuro le ambulanze “connesse” porteranno la Centrale Operativa direttamente, anche se virtualmente, al fianco del soccorritore. E’ già stato sperimentato l’uso di piccole telecamere montate sul caschetto dei soccorritori o anche speciali occhiali a “realtà aumentata” (foto sopra) che permettono di inviare in tempo reale le immagini direttamente al medico in Centrale Operativa.[1, 2] Un infermiere “collegato” tramite questi strumenti potrebbe essere guidato a distanza dal medico sulle operazioni da compiere sul paziente (es. l’assistenza a un parto frettoloso).

Ma queste nuove tecnologie, pur se utili dal punto di vista dell’assistenza ai pazienti e del miglioramento del servizio, possono comportare dei rischi per l’operatore, dal punto di vista della salute? Infatti il tema della salute e della sicurezza dei lavoratori deve essere analizzato, come richiede la normativa vigente, anche dal punto dal vista dell’esposizione ai campi elettromagnetici.[3]

Le ambulanze “connesse” si avvalgono per il loro funzionamento di onde elettromagnetiche delle quali non sono però ancora noti gli effetti a lungo termine sulla salute umana. Si consideri che il cosiddetto “inquinamento elettromagnetico” o “elettrosmog” dato dalle emissioni di TV, telefonia cellulare, radio, Wi-Fi, Bluetooth, cordless, ecc., cosi ampiamente diffuso nelle nostre città, determina già di per sè un superamento dei limiti di almeno 100 volte i valori di elettromagnetismo naturale, che pure esistono (provenienti dalla crosta terrestre e dallo spazio). Ma quale relazione intercorre tra campo elettromagnetico e corpo umano? Esistono effetti specifici dell’esposizione umana ai campi elettromagnetici? I documenti ufficiali escludono l’esistenza di questi effetti, che sarebbero limitati al solo riscaldamento dei tessuti, il cosiddetto “effetto termico” (per capirsi, il calore che si sente sul viso dopo aver parlato a lungo al cellulare). I limiti di esposizione attuali, però, sono stati fissati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) molti anni fa, sulla basi di modelli sperimentali risalenti al 1972, quindi superati. Secondo modelli più recenti invece, più realistici e rigorosi, le onde elettromagnetiche generano un valore per il corpo umano di quasi il triplo rispetto a quello indicato come “valore di attenzione” dalla normativa vigente, esercitando un’azione sull’organismo che si esplica ai vari distretti del corpo umano, compreso il tessuto cerebrale.[4] Già nel 2011 l’OMS classificava le onde elettromagnetiche come un possibile cancerogeno per l’Uomo, in particolare per due tipi di tumore cerebrale, il Glioma e il Neuroma acustico.[5, 6] Inoltre è già stato documentato che l’esposizione ai campi elettromagnetici è collegata ad un aumento del rischio per disturbi somatici come cefalea, vertigini, nausea, eruzioni cutanee, affaticamento, perdita di appetito, insonnia, acufeni.[7] Nel novembre 2018, il National Toxicology Program ha diffuso il rapporto finale di una sperimentazione su cavie dalla quale è emersa una chiara evidenza che i ratti maschi esposti ad alti livelli di radiazioni da radiofrequenza sviluppino tumori abitualmente rari delle cellule nervose del cuore.[8] Da notare che uno studio, parallelo a quello statunitense, condotto in Italia dall’Istituto Ramazzini di Bologna ha ottenuto analoghi risultati.

L’imminente diffusione delle reti mobili “5G” consentirà velocità di banda larga mobile significativamente più elevate e un utilizzo sempre più ampio dei dati mobili. Uno studio commissionato del Parlamento Europeo in merito, volto ad indagare eventuali effetti nocivi di queste nuove frequenze sulla salute umana, è giunto alle seguenti conclusioni:
1) frequenze più basse del 5G (700 e 3 600 MHz): a) prove limitate di cancerogenicità in studi epidemiologici; b) prove sufficienti di cancerogenicità nei test biologici sperimentali; c) sufficiente evidenza di effetti avversi sulla riproduzione/sviluppo negli esseri umani; d) prove sufficienti di riproduttività/effetti avversi sullo sviluppo negli animali da esperimento;
2) frequenze più alte del 5G (24,25-27,5 GHz): la revisione sistematica non ha trovato studi adeguati né sull’uomo né sugli animali da esperimento.[9] 

Come si vede alle frequenze più alte non vi sono ancora studi, quindi si entrerebbe in terreni inesplorati. Dovrebbe far riflettere il fatto che alcuni paesi dell’Europa orientale si mantengono ancora su un piano di maggior prudenza; qui infatti i valori limite di esposizione sono mille volte più bassi di quelli vigenti in USA e in Europa occidentale.[10] 

Se si guarda ai dati provenienti, per esempio, dall’uso dei telefoni cellulari (che sono di fatto delle antenne emettenti e riceventi onde elettromagnetiche), alcuni effetti nocivi sono già noti da tempo, per esempio quelli sulla fertilità maschile.[11, 12] Non sappiamo se l’utilizzo di caschetti/occhiali/bodycam per la trasmissione delle immagini a distanza di cui abbiamo parlato sopra possano essere effettivamente rischiosi ma se, come affermano gli esperti, l’interazione con il corpo umano è tanto maggiore quanto più il tessuto è vicino alla sorgente delle radiazioni,[13, 14] essendo quelli di cui parliamo dei dispositivi “indossabili”, ecco che si ritiene sia necessaria una maggior cautela e attenzione prima dell’adozione di queste tecnologie in via definitiva.

Tali dispositivi consentono di trasmettere immagini ad alta risoluzione alla Centrale Operativa o agli ospedali anche mentre l’ambulanza è in movimento. Prendendo sempre ad esempio i cellulari è emerso da alcune prove empiriche, che quando il veicolo è in movimento il segnale è costretto a “cercare” continuamente  l’antenna più vicina aumentando notevolmente l’emissione di radiazioni.[15] È naturale che questa situazione riguarderebbe anche i dispositivi indossabili di cui sopra, essendo per definizione l’ambulanza un veicolo in movimento.

Inoltre l’esposizione potrebbe aumentare significativamente all’aumentare del numero di connessioni, che potrebbero essere anche diverse, in quanto non è escluso che i dispositivi e gli strumenti emittenti e riceventi a bordo delle ambulanze siano più di uno. 

Oltretutto i rischi dipendono anche dalla durata dell’esposizione; è naturale che mentre un cellulare viene usato solo per pochi minuti e sporadicamente diverso è il caso di un dispositivo che, se necessario all’espletamento dell’attività degli operatori, avrebbe un uso continuo. Ciò assume importanza in quanto la probabilità del danno aumenta all’aumentare della dose eventualmente assorbita e questa naturalmente è in funzione del tempo di utilizzo.

 

In un altro articolo abbiamo parlato delle nuove tecnologie nel sistema di emergenza 118 (link). 

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BIBLIOGRAFIA

[1] Croce Rossa Italiana. “A Milano la prima ambulanza connessa in 5G”. Sito web CRI, 2018 (link)

[2] Montanari L. “118, il caschetto con la telecamera per la diagnosi a distanza”. Sito web La repubblica, 01-08-2020 (link)

[3] DLgs 81/2008. Capo IV (Titolo VIII) denominato “Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici“. Negli ultimi anni la legge è stata aggiornata con la direttiva europea 2013/35/UE, recepita in Italia con il D.Lgs. n. 159 del 1° agosto 2016. Quest’ultimo dispone all’art. 209 che: “Nell’ambito della valutazione dei rischi di cui all’articolo 181, il datore di lavoro valuta tutti i rischi per i lavoratori derivanti da campi elettromagnetici sul luogo di lavoro e, quando necessario, misura o calcola i livelli dei campi elettromagnetici ai quali sono esposti i lavoratori“. Inoltre prevede all’art. 210 che: “Ai sensi di quanto previsto all’articolo 184, comma 1, lettera b) , il datore di lavoro garantisce, inoltre, che i lavoratori che potrebbero essere esposti ai rischi derivanti dai campi elettromagnetici sul luogo di lavoro e i loro rappresentanti ricevano le informazioni e la formazione necessarie in relazione al risultato della valutazione dei rischi (…)”.

[4] AIL (Associazione Italiana contro Leucemie, Linfomi e Mieloma). “Impatto ambientale e rischio sanitario”. Terzo convegno nazionale. Roma, 05-05-2023. Intervento del Prof. M. Scalia dal titolo “Esposizione ai campi elettromagnetici: effetti di lungo termine” (link)

[5] WHO. “IARC classifies radiofrequency electromagnetic fields as possibly carcinogenic to humans”. 31 May 2011 (link)

[6] IARC Monographs on the Evaluation of Carcinogenic Risks to Humans, Non-ionizing radiation, part 2: Radiofrequency electromagnetic fields, 2013

[7] A. Balmori, Evidence for a health risk by RF on humans living around mobile phone base stations: From radiofrequency sickness to cancer, 2022

[8] NTP – National Toxicology Program – NTP TR 596 e 595, NTP technical report on the toxicology and carcinogenesis studies in B6C3F1/N mice exposed to whole-body radio frequency radiation at a frequency (900/1900 MHz) and modulations (GSM and CDMA) used by cell phones, 2018

[9] European Parliament (Panel for the Future of Science and Technology). “Health impact of 5G“. Bruxelles, 2021

[10] Scalia M., Pulcini F., Sperini M. “Electromagnetic characterization of the environment. An Italian experience and the “mapping” method”. IOP Conference Series: Earth and Environmental Science, 2021

[11] Miller AB, Sears ME, Morgan LL, et al. “Risks to Health and Well-Being From Radio-Frequency Radiation Emitted by Cell Phones and Other Wireless Devices”. Front Public Health. 2019;7:223. Published 2019 Aug 13

[12] Ashok Agarwal et al. 

[13] AIRC (Associazione Italiana Ricerca sul Cancro). “È vero che i campi elettromagnetici aumentano la probabilità che insorga il cancro?”. Sito web AIRC (link)

[14] WHO. “Electromagnetic fields and public health: mobile phones”. 8 October 2014

[15] Intervista al Dott. Alfio Turco, Direttore “Polab srl-Laboratorio elettromagnetico“, all’interno di un programma TV Mediaset, 02 febbraio 2013 

Foto credits: IMDEA Networks Institute

 

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