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Errori trasfusionali: cause, rischi e prevenzione

Gli errori trasfusionali sono un evento molto temibile, sia per i pazienti che per gli operatori. Vediamo in questo articolo quali sono le cause, i rischi e cosa è possibile fare per la loro prevenzione

 

Le trasfusioni di sangue sono terapie salvavita, tuttavia, come tutte le terapie possono in alcuni casi dar luogo a errori sanitari con danno al paziente. Uno dei rischi più frequenti è che il sangue sia trasfuso alla persona sbagliata o che sia trasfuso sangue non compatibile con quello del paziente. La reazione trasfusionale da incompatibilità ABO può determinare un ampio spettro di esiti clinici che variano da nessun sintomo, fino alla sintomatologia lieve fino, nei casi più gravi, alla morte del paziente.

Le cause degli errori trasfusionali sono nella maggior parte dei casi attribuibili a fattori quali distrazione, stanchezza, scarsa comunicazione tra colleghi, formazione incompleta o inadeguata, personale insufficiente, procedure eseguite in urgenza, inadeguato supporto tecnologico.

Il Ministero della salute ha indicato l’errore trasfusionale conseguente ad incompatibilità AB0 come uno degli eventi avversi più gravi e frequenti, con 35 casi verificatisi in tre anni.[1] Una ricerca, che ha coinvolto un campione di 21 Paesi, ha mostrato un’incidenza media di 8,7 reazioni gravi ogni 100.000 emocomponenti distribuiti.[2]

Il Ministero, al fine di mettere in guardia gli operatori sanitari riguardo questa condizione particolarmente pericolosa, ha pubblicato nel 2020 l’ultima versione della Raccomandazione “Prevenzione della reazione trasfusionale da incompatibilità AB0”.[3] L’assenza o la mancata applicazione di procedure specifiche rappresenta un importante fattore di rischio che può determinare il verificarsi dell’evento avverso durante una delle diverse fasi del processo trasfusionale, dal prelievo del campione per la determinazione del gruppo sanguigno del ricevente fino alla trasfusione degli emocomponenti. Pertanto la Raccomandazione ministeriale invita tutte le strutture sanitarie a predisporre ed implementare una specifica procedura atta a prevenire il verificarsi degli errori trasfusionali,[4] con definizione di compiti, funzioni e responsabilità per ogni attore coinvolto nelle varie fasi del processo trasfusionale; il reparto al momento del prelievo dei campioni, il Servizio Trasfusionale, il reparto di destinazione, la sala operatoria o la terapia intensiva per quanto riguarda l’atto dell’emotrasfusione. Tale procedura deve prevedere il coinvolgimento della funzione aziendale deputata alla gestione del rischio clinico (risk management), nel rispetto della normativa in materia di sicurezza delle cure.[5] Analoghe procedure debbono essere previste ed applicate in caso di trasfusioni di emocomponenti effettuate in regime ambulatoriale o domiciliare.

 

Le strategie per prevenire gli errori trasfusionali

La fase della trasfusione è il momento più importante e delicato di tutto il processo, poiché la somministrazione di emocomponenti è una procedura ad alto rischio di reazioni avverse. Gli errori trasfusionali sono il risultato finale di uno o più errori procedurali o difetti tecnici nel processo trasfusionale, che si compone delle seguenti fasi: 1) prelievo del campione per la determinazione del gruppo sanguigno; 2) richiesta emocomponenti al Servizio Trasfusionale; 3) consegna del sangue da parte del Servizio Trasfusionale; 4) trasfusione presso reparti, sala operatoria, terapia intensiva, ambulatorio, domicilio, ecc.

Spesso gli errori trasfusionali sono il risultato di sangue etichettato erroneamente o moduli compilati in modo errato. Già da alcuni anni è stata dimostrata[6] la favorevole associazione tra informatizzazione sanitaria e riduzione del rischio sanitario, espressa in termini di riduzione degli errori. L’implementazione di sistemi di sicurezza, quali moduli di richiesta elettronici, provette ed etichette dotati di un codice identificativo univoco per ogni paziente o sistemi di identificazione a radio-frequenza (transponder o RFId), possono aiutare ad intercettare errori commessi al momento del prelievo dei campioni o al letto del paziente al momento della trasfusione vera e propria.   

Al fine di garantire una maggiore efficacia nella prevenzione tutti i pazienti candidati alla terapia trasfusionale dovrebbero essere dotati di un braccialetto identificativo (bar-code) per consentire il corretto abbinamento fra i campioni di sangue prelevati, la richiesta di trasfusione e l’identità del paziente. 

Dai dati delle varie casistiche emerge che l’errore di somministrazione al letto del paziente è responsabile di oltre il 50% dei decessi conseguenti alla trasfusione. Per evitare eventuali errori od omissioni è prevista la compilazione di una apposita check list al letto del malato, che prevede una serie di controlli pre-trasfusionali da effettuarsi a cura di due operatori sanitari, in genere il medico e l’infermiere. Fondamentale è chiedere al paziente al momento della trasfusione di scandire le proprie generalità (nome, cognome e data di nascita), facendo particolare attenzione alle omonimie. Per il paziente non vigile e non collaborante l’identificazione può essere effettuata attraverso un parente o tutore. Importante è anche verificare che il paziente abbia fornito il proprio consenso informato, e che sia stato edotto degli eventuali rischi, come la legge richiede.

I primi minuti della trasfusione sono quelli più a rischio di eventi avversi, soprattutto in caso di incompatibilità ABO. Naturalmente in caso di malore o sintomi di qualsiasi tipo bisogna interrompere immediatamente la trasfusione e avvisare il medico, qualora non presente (in realtà dovrebbe sempre essere presente, come ha ricordato la Cassazione in una recente sentenza, proprio per intervenire con prontezza in caso di necessità).[7] Le linee guida consigliano di praticare un’infusione lenta almeno nei primi 15 minuti, procedendo ad un attento monitoraggio del paziente, cosi da cogliere tempestivamente eventuali reazioni avverse. Il rispetto di tale tempistica potrebbe essere garantito dall’utilizzo di una pompa infusionale.

I programmi di formazione del personale sono indispensabili per aumentare la consapevolezza dei rischi negli operatori e prevenire l’errore trasfusionale ABO. Le iniziative di formazione ed aggiornamento professionale continuo, per essere efficaci, devono tener conto delle migliori evidenze scientifiche. Un documento, di recente pubblicazione, redatto sulla base delle indicazioni provenienti dall’Osservatorio Nazionale delle Buone Pratiche sulla sicurezza nella Sanità di AGENAS, ha raccolto le best practices più recenti in materia.[8] Puoi consultare gratuitamente il documento cliccando qui

Fondamentale per la prevenzione, come già accennato, è la presenza di una procedura aziendale finalizzata al corretto svolgimento di tutto il processo trasfusionale.

 

Segnalazione degli eventi avversi da parte degli operatori

In Italia, la legge ha previsto il sistema di emovigilanza anche con lo scopo di raccogliere e monitorare le informazioni riguardanti gli eventi avversi riferibili alla donazione o alla trasfusione di sangue, compresi gli errori trasfusionali e i near miss (quasi eventi).

Il Ministero della salute suddivide gli incidenti relativi alla sicurezza dei pazienti in tre tipi:

Near miss (quasi evento): si verifica quando un incidente è stato sventato in tempo (ad esempio, un’unità di sangue stava per essere collegata alla linea endovenosa di un altro paziente ma l’errore è stato rilevato in tempo da un altro operatore prima dell’inizio della trasfusione);

Nessun incidente di danno: un evento ha raggiunto un paziente, ma non ha determinato un danno (seguendo l’esempio di prima, l’unità di sangue viene trasfusa, ma fortunatamente era compatibile con il sangue del paziente);

Incidente dannoso: un evento provoca un danno al paziente (viene trasfusa un’unità di sangue sbagliata e il paziente muore a causa di una reazione emolitica).

L’Azienda sanitaria deve favorire la segnalazione degli eventi da parte degli operatori attraverso una specifica procedura aziendale detta di “Incident Reporting” (ne abbiamo parlato in questo articolo). È evidente l’importanza della segnalazione da parte degli operatori di eventuali eventi avversi e near miss. Senza una segnalazione standardizzata e continua degli errori trasfusionali e di quelli mancati l’incidenza di questi eventi rimane sconosciuta, nessuna analisi può essere effettuata sulle loro cause e non può essere misurata l’efficacia di alcuna azione preventiva.

La Direzione aziendale a sua volta, è tenuta a segnalare gli eventi avversi accaduti al Ministero della salute in quanto la reazione trasfusionale per somministrazione di trasfusione ABO incompatibile rientra tra gli “eventi sentinella” con obbligo di segnalazione (un evento sentinella è un evento avverso di particolare gravità, che può comportare morte o grave danno al paziente).[9]

Il Ministero della salute sta attivamente operando sulla rete trasfusionale nazionale per migliorare la cultura del “reporting” soprattutto in riferimento agli incidenti gravi e ai near miss.[10]

 

Responsabilità professionale

Gli eventi sentinella non comportano solo danni al paziente ma anche agli operatori sanitari, per la possibilità di essere chiamati davanti a un giudice per responsabilità professionale

Spesso gli interventi assistenziali che vedono l’infusione di sangue sono svolti in condizioni di emergenza, condizione rischiosa per eccellenza, perchè non lascia il tempo di ragionare con calma e prendere decisioni ponderate. Per questo è sempre necessario affidarsi alle procedure, per non incorrere in eventuali errori o omissioni. Per quanto sia grave l’urgenza, nessun emocomponente deve essere trasfuso fino a quando l’etichetta, il nome del paziente, il gruppo sanguigno e il gruppo ABO del paziente sono stati verificati. L’urgenza non esime il sanitario dall’effettuare i dovuti controlli, senza dare per scontato che ciò sia stato già fatto dal collega che lo affianca o lo ha preceduto nel turno di lavoro.

È bene ricordare che in caso di decesso del paziente gli operatori sanitari rispondono del reato di omicidio colposo anche se l’errore è stato commesso a monte, per esempio dal Servizio Trasfusionale, per non aver effettuato le dovute verifiche successive a valle. Nella fattispecie, come ricorda la Cassazione in una sentenza, gli operatori sanitari rispondono per colpa generica da negligenza, imprudenza e imperizia, nonché per colpa specifica per violazione delle linee guida del Ministero della salute specifiche per la prevenzione della reazione trasfusionale da incompatibilità ABO.[11]

 

 

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BIBLIOGRAFIA

[1] AGENAS. “Indicatori per la sicurezza delle cure – Allegato 1”. Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, 2019 (link)

[2]Donaldson L., Ricciardi W., Sheridan S., Tartaglia R. “Manuale di sicurezza del paziente e gestione del rischio clinico”. Cultura e Salute Editore, Perugia, 2022. Pag. 135

[3] Ministero della Salute. Raccomandazione n. 5 “Prevenzione della reazione trasfusionale da incompatibilità AB0”. 2008, ultimo aggiornamento gennaio 2020 (link)

[4] Ibidem. Pag. 17

[5] Legge n. 24/2017. “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie

[6] Committee on Patient Safety and Health Information Technology; Institute of Medicine. “Health IT and Patient Safety: Building Safer Systems for Better Care”. Washington (DC): National Academies Press (US); 2011 Nov 10

[7] Cassazione penale, sentenza n. 4323/2022 (link)

[8] Briola G., Lavorino C., Mauro I. et al. “Buone pratiche multidisciplinari nel processo trasfusionale. La sicurezza come obiettivo di sistema”. Public Health & Health Policy, Anno IX n.1, ediz. ALTIS Omnia Pharma Service, luglio 2021 (link)

[9] Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. “Protocollo per il Monitoraggio degli Eventi Sentinella”. 2009, pag. 6

[10] AGENAS. “Indicatori per la sicurezza delle cure – Allegato 1”. Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, 2019. Pag. 191 (link)

[11] Corte di Cassazione, quarta sezione penale, sentenza 50038/2017 (link)

 

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