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Che cos’è il rischio clinico e perchè riguarda tutti, pazienti, operatori e ospedali

Perché si verificano gli errori sanitari? E quali conseguenze hanno per pazienti, operatori e strutture sanitarie? 

 

Premessa

Il rischio clinico è la possibilità che un paziente subisca un danno involontario imputabile alle cure sanitarie. Purtroppo i medici, gli infermieri e gli altri operatori sanitari, ancora oggi, non possiedono nessuna base di partenza sul rischio clinico dai propri studi universitari. Ciò assume particolare rilevanza considerando che la prevenzione del rischio si basa principalmente sulla conoscenza tra gli operatori degli elementi che lo costituiscono. Soprattutto a seguito dell’entrata in vigore della nuova legge 24/2017 sulla responsabilità professionale sanitaria (più conosciuta come “legge Gelli”)[1] è necessario che le università, ma anche le aziende, si adeguino fornendo una maggiore formazione in questo campo.

Ma perché si verificano gli errori sanitari? I fattori predisponenti per l’accadimento degli eventi avversi sono principalmente i seguenti: stanchezza del personale, errori di comunicazione, stress lavoro correlato, sovraffollamento dei reparti ospedalieri, eccessivo carico di lavoro per il personale, mancata applicazione di linee guida/procedure/protocolli aziendali, carenze della struttura sanitaria.

Ma quali conseguenze comporta il rischio clinico per pazienti, operatori e aziende sanitarie? Vediamo di seguito i vari ambiti.

 

Conseguenze del rischio clinico sui pazienti

Lo studio che ha richiamato l’attenzione di tutto il mondo sanitario sulla rilevanza del problema del rischio clinico è stato “To err is human”,[2] del 1999, il quale stimò come gli errori sanitari fossero stati responsabili di una quota tra 44000 e 98000 decessi l’anno negli Stati Uniti, più di quelli dovuti ad incidenti stradali, cancro della mammella o AIDS messi insieme.

Secondo l’ultimo rapporto del Ministero della Salute in Italia sono state 1918 le segnalazioni di eventi sentinella (cioè gli eventi avversi particolarmente gravi e potenzialmente evitabili, che possono comportare la morte o un grave danno al paziente) accaduti nelle strutture del Servizio Sanitario Nazionale tra il 2005 e il 2012. Tali eventi hanno comportato la morte del paziente in più di un caso su tre.[3] Gli errori più gravi hanno riguardato: strumento o altro materiale lasciato all’interno del sito chirurgico (159 casi), somministrazione di farmaco sbagliato (79 casi), reazioni trasfusionali (72 casi), intervento chirurgico in parte del corpo sbagliata (addirittura 26 casi), procedura effettuata su paziente sbagliato (16 casi), inadeguata attribuzione del codice triage nella Centrale Operativa 118 o all’interno del Pronto Soccorso (27 casi), caduta del paziente (456 casi).

Gli eventi sentinella sono però solo la punta dell’iceberg. Gli studi hanno infatti dimostrato come la stragrande maggioranza degli eventi avversi rimanga in realtà nascosta (mancata segnalazione dell’evento, l’operatore o il caso hanno impedito che l’evento accadesse, ecc.).

 

Conseguenze del rischio clinico per gli operatori

Negli ultimi anni le azioni giudiziarie civili e penali intentate nei confronti degli operatori sanitari sono aumentate. L’istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) ha stabilito che le denunce pervenute nel corso del 2017 sono state circa 14.000, in aumento del 21% rispetto a quelle del 2016.[4] Per gli operatori sanitari quindi il rischio clinico assume importanza non solo dal punto di vista etico ed umano, per i danni al paziente, ma anche per le conseguenze in termini di responsabilità civili e penali a cui possono andare incontro in caso di denuncia. Gli operatori sanitari, in caso di danno involontario al paziente, rispondono in sede penale per i reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose mentre in sede civile per danno biologico e danno da morte (ricordiamo che in sede penale il giudice si occupa di stabilire se un dato professionista ha commesso un reato mentre in sede civile si occupa di accertare il danno ai fini del risarcimento al paziente).

Oltre la responsabilità civile e penale non meno rilevante per gli operatori è la responsabilità amministrativa che si configura a seguito delle azioni risarcitorie avviate dai pazienti danneggiati nei confronti delle aziende sanitarie, per errori compiuti dai loro dipendenti. In caso di condanna del sanitario per colpa grave la legge obbliga le aziende a rivalersi sul dipendente per il recupero delle somme versate (la cosiddetta “rivalsa”). Opportunamente la recente “legge Gelli” ha previsto l’obbligo per tutti gli operatori sanitari di stipulare un’adeguata polizza assicurativa proprio per salvaguardarli da tale rischio.

Un’altra forma di responsabilità, oltre quella civile, penale ed amministrativa, al quale può andare incontro il lavoratore a causa di un errore sanitario è quella disciplinare. La sanzione più estrema che può essere applicata dal datore di lavoro in tali casi è il licenziamento. Purtroppo è presente una discreta casistica riguardante medici ed infermieri licenziati a causa di un errore sanitario, sia nel pubblico che nel privato.

 

Conseguenze del rischio clinico per le aziende sanitarie

Come dimostrato dalla letteratura internazionale, le cause degli errori e degli avvenimenti avversi in sanità sono spesso da ricercarsi nell’intera organizzazione del lavoro, che crea le condizioni favorevoli al verificarsi dell’errore, e non solo nel comportamento del singolo.[5]

Dal punto di vista della responsabilità civile, in caso di evento avverso che causi un danno al paziente, l’azienda è tenuta a garantire il diritto dei pazienti danneggiati e dei loro familiari ad un equo risarcimento del danno. Bisogna considerare che l’ospedale risponde non solo dell’operato dei propri dipendenti,[6] ma anche del proprio operato qualora i danni al paziente siano dipesi dall’inadeguatezza della struttura.[7] [8] Il broker assicurativo Marsh ha pubblicato nel 2020 la sua analisi sulla “medical malpractice” in Italia.[9] Il rapporto ha analizzato oltre 13.500 sinistri relativi a 66 strutture pubbliche (presidi di primo livello, aziende ospedaliere specialistiche e universitarie e ospedali specializzati) distribuite sul territorio nazionale: il costo medio annuo per sinistro è stato di 81.500 euro, mentre gli errori più “costosi” hanno raggiunto, in taluni casi, i 4 milioni e mezzo di euro.

Dal punto di vista penale, invece, nella valutazione delle possibili responsabilità assume importanza l’operato di coloro che amministrano la struttura ai vari livelli nella quale essa si articola. In virtù del fatto che la responsabilità penale è personale[10] si deve fare riferimento alle figure apicali: Direttore Generale, Direttore Sanitario e Direttore Amministrativo. A queste figure può essere addebitata una responsabilità penale per danni ai pazienti qualora, indipendentemente dalla correttezza comportamentale dei medici e degli infermieri, si dimostri che abbiano omesso di compiere quanto in loro potere per far cessare eventuali disfunzioni.[11] [12]

 

In un altro articolo abbiamo visto come è possibile prevenire gli errori sanitari (qui). 

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BIBLIOGRAFIA

[1] Legge 24/2017. “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie

[2] Kohn L., Corrigan J., Donaldson M. To err is human – Building a Safer Health System. Accademy Press, 2000

[3] Ministero della Salute. Monitoraggio degli eventi sentinella. 5° Rapporto (Settembre 2005-Dicembre 2012). Roma, Aprile 2015

[4] IVASS. “I rischi da responsabilità civile sanitaria in Italia 2010-2017“. Anno V – n. 14, ottobre 2018

[5] Reason J. Human error: models and management”. Bmj, 2000

[6] Legge n. 24/2017. Art. 7, comma 1

[7] Ex art. 1218 Codice Civile (Responsabilità Contrattuale)

[8] Legge 24/2017. Art. 7

[9] Marsh Risk Consulting. Medmal Claims Italia. Decima edizione, 2019

[10] Art. 27 della Costituzione italiana

[11] Caroleo Grimaldi F., Magnanti M. “Responsabilità medica e disfunzioni organizzative: la Cassazione gira il “conto” alle direzioni delle A.O.” Capitale Medica – Rivista dell’Ordine Provinciale di Roma dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri, Numero 1 – 2015, pag. 10

[12] Legge 24/2017. Art. 1

 

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