Ictus cerebrale: ecco le indicazioni degli esperti, rivolte a cittadini e pazienti, su cosa fare (e soprattutto non fare) in caso di attacco
Una delle malattie cerebrovascolari più frequenti è l’ictus. Si tratta di una malattia invalidante, per questo è importante riconoscere subito i sintomi cosi da intervenire con tempestività per ridurne gli effetti. Infatti l’ictus cerebrale è una patologia “tempo-dipendente”: in corso di attacco prima si interviene e più cellule cerebrali si possono salvare, consentendo minori danni e una migliore ripresa.
L’ictus, al contrario di quello che comunemente si crede, non riguarda soltanto gli anziani ma anche la popolazione più giovane, infatti un terzo dei pazienti colpito è in età minore di 75 anni.
Ma in cosa consiste esattamente questa patologia? L’ictus (termine latino che letteralmente significa “colpo”, tradotto in inglese con “stroke”) è una malattia cerebrovascolare acuta causata dall’improvvisa chiusura di un vaso sanguigno cerebrale da parte di un trombo o di un embolo (ictus ischemico) oppure dalla rottura di un vaso sanguigno cerebrale (ictus emorragico). Dei due tipi di ictus, circa l’85% è ictus ischemico e il 15% è emorragico. Questo determina in entrambi casi la morte delle cellule nervose dell’area interessata dall’ictus e, di conseguenza, la perdita delle funzioni neurologiche controllate da quell’area, che possono riguardare il movimento di un braccio o di una gamba, il linguaggio, la vista, l’equilibrio o altro.
L’ictus cerebrale è caratterizzato dalla comparsa improvvisa di uno o più dei seguenti sintomi:
- Bocca storta: più evidente quando si chiede al paziente di sorridere;
- Braccio debole: vi è l’incapacità di sollevare un braccio o di mantenerlo alzato allo stesso livello dell’altro;
- Difficoltà a parlare: la persona non riesce a parlare e/o non capisce, o parla farfugliando;
- Difficoltà nella vista: la persona vede annebbiato, non vede metà degli oggetti, oppure vede doppio;
- Forte mal di testa: mai provato prima, accompagnato spesso da nausea, vomito, perdita di coscienza.
Nel “TIA” (iniziali inglesi di “Transient Ischemic Attack”, in italiano attacco ischemico transitorio) si osserva l’improvvisa comparsa di segni e sintomi simili a quelli di un ictus che però, per definizione, hanno una durata inferiore alle 24 ore. Il TIA deve essere considerato con la massima attenzione, perché può essere un campanello di allarme per il verificarsi, nelle 24-48 ore successive, di un ictus vero e proprio: si manifesta, infatti, in circa un terzo dei soggetti che in seguito presentano un ictus ischemico. Inoltre, circa il 10% dei TIA recidiva a 5 anni.
Cosa fare in questi casi?
In caso di comparsa di sintomi riferibili all’ictus o al TIA è indispensabile chiamare subito il 118 per il trasporto urgente e diretto in un ospedale specializzato nella cura dell’ictus. Sono infatti sempre più diffuse su tutto il territorio nazionale le “Stroke Unit“, speciali terapie intensive neurovascolari dedicate a questa patologia, dove si procede alla terapia, alla stabilizzazione del paziente, alla prevenzione e al trattamento delle complicanze, sulla base delle più recenti evidenze scientifiche.
In caso si riconosca uno o più dei sintomi sopra descritti è assolutamente necessario evitare di perdere tempo: NON aspettare di vedere se i sintomi migliorano spontaneamente; NON chiamare e NON recarsi dal proprio medico di base o dalla Guardia Medica; NON recarsi in Pronto Soccorso con mezzi propri, anche per evitare di presentarsi in un ospedale dove non è presente la Stroke Unit. In questi casi è il 118 che provvede al trasporto del paziente presso l’ospedale più appropriato, in cui sono disponibili le cure del caso (precoce terapia trombolitica nei pazienti con ictus ischemico o trattamento chirurgico nei pazienti con ictus emorragico), evitando pericolose perdite di tempo.
È importante anche annotare l’ora di esordio dei sintomi, perché i soccorritori del 118 e i medici del Pronto Soccorso devono sapere quanto tempo è trascorso per determinare la terapia appropriata. Se si interviene tra le 3-4 ore dall’esordio dell’ictus si hanno buone probabilità di un recupero.
Più nello specifico, il trattamento in ospedale sarà diverso a seconda si tratti di ictus ischemico o emorragico, vediamoli singolarmente.
Trattamento dell’ictus ischemico
In presenza di ictus ischemico, l’obiettivo della terapia è ristabilire il flusso di sangue lungo il vaso sanguigno cerebrale occluso. A questo scopo si utilizzano specifiche terapie farmacologiche, in particolare:
Trombolisi: l’ictus ischemico è curato con la somministrazione di un farmaco fibrinolitico, cioè che scioglie i coaguli di sangue e ripristina l’afflusso di sangue al cervello. Questo tipo di terapia, chiamata trombolisi, è efficace se impiegata il prima possibile dalla comparsa dell’ictus mentre non è, generalmente, consigliabile qualora siano trascorse più di quattro ore e mezzo dall’inizio dei disturbi (o qualora siano presenti dei criteri di esclusione correlati con un aumentato rischio di sanguinamento). Dopo tale lasso di tempo, infatti, non vi è certezza che il farmaco possa essere benefico. È quindi raccomandato che il trattamento sia effettuato il più precocemente possibile.
Farmaci antiaggreganti: come l’acido acetilsalicilico (es. Aspirina): questi farmaci sono indicati nella fase acuta dell’ictus ischemico qualora non sussistano indicazioni al trattamento anticoagulante o trombolitico.
Farmaci anticoagulanti: l’uso sistematico di eparina non è raccomandato come terapia specifica dell’ictus ischemico acuto, ma farmaci anticoagulanti orali (es. Coumadin, Sintrom) vengono somministrati in prevenzione secondaria ai pazienti con fibrillazione atriale o altre cause di ictus tromboembolico.
Particolari forme di ictus ischemico richiedono l’intervento chirurgico, in questo caso si utilizzano le seguenti metodiche:
Rimozione meccanica del trombo (trombectomia): i medici possono rimuovere il trombo che ha causato l’ictus, introducendo uno speciale catetere nelle arterie che irrorano l’encefalo.
Disostruzione della carotide: in presenza di grave aterosclerosi carotidea attraverso due modi:
- endoarteriectomia carotidea (TEA): il chirurgo apre l’arteria carotide che decorre nella parte laterale del collo e la ripulisce delle placche aterosclerotiche che la ostruiscono
- angioplastica e stent: il medico inserisce nella carotide (introdotto da un’arteria dell’inguine) un catetere sormontato da un palloncino che dilata l’arteria ostruita, inserendo poi una retina metallica (stent) per mantenerla aperta.
Trattamento dell’ictus emorragico
Per rimuovere il sangue dalla sede di lesione e riparare i vasi sanguigni si ricorre alla neurochirurgia. L’intervento è volto a bloccare l’emorragia in corso e ridurre la pressione esercitata dal sangue sul tessuto cerebrale.
Fattori di rischio per l’ictus
I fattori di rischio per l’ictus cerebrale sono ipertensione, diabete, cattiva alimentazione, sovrappeso, fumo, alcool, vita sedentaria, inquinamento ambientale. Quello più rilevante è però la Fibrillazione atriale (FA). Questa è un’aritmia cardiaca che aumenta di 4-5 volte il rischio di ictus ischemico ed è associato a un aumento della mortalità e della disabilità. La FA favorisce, infatti, la formazione di trombi nell’atrio sinistro del cuore che possono distaccarsi e raggiungere il circolo cerebrale causando l’ictus. È facile prevedere che in parallelo con l’incremento dell’aspettativa di vita vi sarà, negli anni a venire, un incremento del numero di soggetti con FA. Pertanto per contrastare le conseguenze di questa aritmia dovranno essere implementate adeguate strategie terapeutiche basate sull’impiego dei farmaci anticoagulanti. Il rischio di ictus, in assenza di anticoagulante, aumenta in modo esponenziale con l’età, è alto tra i 70 e gli 80 anni, altissimo dopo gli 80. Questo è quindi proprio il periodo in cui il paziente deve prendere i farmaci perché il rischio è alto. Un particolare protocollo (CHA2DS2-VASc) permette di sapere il rischio di un paziente per ictus, se ha un punteggio maggiore o uguale a 2 deve assumere l’anticoagulante (clicca qui per compilare il protocollo).
Attenzione: le informazioni fornite in questo articolo hanno natura generale e sono pubblicate a scopo puramente divulgativo, pertanto non possono sostituire in alcun caso il parere dei professionisti sanitari abilitati.
In un altro articolo abbiamo parlato della trombosi venosa profonda (link).
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FONTI
Ministero della Salute. “Documento informativo per il cittadino sulla prevenzione delle malattie cerebrovascolari lungo il corso della vita“. Gruppo di lavoro sulle malattie cerebrovascolari dell’Alleanza Italiana per le malattie cardio-cerebrovascolari. Maggio 2021 (link)
Regione Toscana. “Ictus: pochi minuti valgono una vita” (link)
Istituto Superiore di sanità. “L’Ictus.” (link)
Ministero della Salute. “Trattamento dell’ictus ischemico in fase acuta”. (link)
Associazione Italiana di Neuroradiologia – Associazione Italiana Ictus. “Terapie di rivascolarizzazione dell’ictus ischemico acuto“. Linea guida pubblicata nel Sistema Nazionale Linee Guida. Roma, 13 gennaio 2023
Raitre, intervista al Prof. Carlo Caltagirone, Direttore scientifico IRRCS S. Lucia di Roma (09-12-2022)