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Lezioni (inascoltate) dalla pandemia da Covid-19

La pandemia ha fatto emergere con forza l’esigenza di rivedere il sistema sanitario, dimostratosi nell’occasione inadatto e insufficiente a contenere i contagi. In merito, le differenze tra regioni e regioni rischiano di aggravare ulteriormente la situazione, vediamo perchè

 

Una distorsione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è quella che si identifica con il “regionalismo differenziato che è andato progressivamente realizzandosi negli ultimi due decenni dopo l’approvazione della riforma del Titolo V della Costituzione. Per “regionalismo differenziato” si intende un sistema di governo in cui le diverse regioni di un paese ricevono un trattamento diverso, in termini di risorse, servizi pubblici, investimenti, infrastrutture, ecc.

Quello che stupisce, guardando a provvedimenti come questo, è che la politica si comporti come se nulla fosse accaduto, come se le criticità emerse durante la pandemia non ci siano state o siano state solo un “incidente di percorso” dovuto alla situazione straordinaria che si è verificata. Il lamento di Giacomo Leopardi, che nella poesia “La Ginestra” invita tutti gli uomini a unirsi contro le comuni avversità, continua a rimanere inascoltato.

Una frammentazione della sanità, quella che si prospetta, che va in direzione opposta a quella indicata a livello europeo. Facciamo alcuni esempi. È recente la nascita dell’HERA (Autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie), un organismo europeo finalizzato a fornire una risposta omogenea e uniforme di tutti i Paesi UE contro eventuali minacce infettive o altre emergenze sanitarie.[1] I numerosi rapporti internazionali, per esempio gli studi OCSE, sottolineano come sia necessario per l’Italia superare le differenze tra Regione e Regione, rendendo effettivi ed omogenei i principi di equità e universalità su tutto il territorio nazionale.[2] Secondo l’ECDC la frammentazione dei sistemi sanitari ha rallentato o reso difficile il processo decisionale durante la pandemia di Covid-19.[3] Lo stesso “Piano nazionale di ripresa e resilienza“, il piano di rilancio dell’economia italiana dopo la pandemia, impone di ridurre le diseguaglianze regionali in materia sanitaria, se si vuole avere accesso ai fondi europei. Il Parlamento Europeo in un recente documento “sottolinea l’importanza di trarre insegnamenti da quanto accaduto e di essere meglio preparati alle future crisi sanitarie e altre crisi ed evidenzia che nella progettazione, nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche, di tutte le normative, di tutti i finanziamenti e di tutte le attività dell’Unione deve essere garantito un livello elevato di protezione della salute umana”.[4]

La diversificazione del SSN in 21 servizi sanitari “regionali” è un fattore di criticità che va fronteggiato adeguatamente, anche in un’ottica preventiva, per far fronte alle minacce globali che sempre più frequentemente si affacciano anche ai nostri confini. Facciamo l’esempio delle pandemie, che negli ultimi vent’anni sono diventate sempre più numerose e aggressive: Sars nel 2002, Aviaria nel 2003, Mers nel 2012, Ebola nel 2014, Zica nel 2015, fino al SARS-CoV-2 nel 2019. Ciò assume importanza anche per il futuro, a causa dell’elevato numero di minacce sanitarie emergenti come Virus Marburg, Influenza Aviaria, Febbre Dongue, West Nile, ecc.[5] Lo stesso direttore generale dell’OMS ha lanciato l’allarme su una possibile prossima pandemia che potrebbe rivelarsi “ancora più mortale” di quella in corso.

Tralasciando il campo più generale, quali criticità potrebbe determinare il regionalismo differenziato, in caso di nuova pandemia? Facciamo alcuni esempi.

– Come già accaduto nella pandemia da Covid-19 il regionalismo differenziato potrebbe portare a difficoltà di coordinamento tra le diverse regioni, rendendo difficile per il governo centrale garantire una gestione equilibrata e coordinata delle iniziative di contrasto all’infezione. Le diverse regioni potrebbero adottare approcci diversi nella gestione dell’emergenza, che potrebbero risultare quindi inefficaci.[6]

– Le regioni più povere o meno sviluppate potrebbero avere difficoltà a far fronte alla pandemia, a causa di risorse limitate e infrastrutture sanitarie meno efficienti, costituendo cosi un anello debole della catena.[7] Quello che non si vuole comprendere è che il virus non fa distinzioni sociali, colpisce tutti, ricchi e poveri e se non si vuole che gli uni costituiscano un bacino di infezione per gli altri è necessario curare tutti indistintamente. Guardiamo a quello che è accaduto nel Stati Uniti, dove non esiste un sistema sanitario pubblico, dove si sono contati più di un milione di morti.[8]

– Il problema coinvolge anche la comunicazione e l’analisi dei dati, come già emerso durante le prime fasi della pandemia da Covid-19, quando ogni Regione “aggiustava” i dati a proprio piacimento per non incorrere nel lockdown.[9] Questo perché le informazioni sono spesso conservate in “silos”, le Regioni, che non comunicano fra loro, mentre è necessario che i dati siano condivisi e soprattutto veritieri. Raccogliere e analizzare dati è fondamentale per comprendere cosa sta accadendo e per fare previsioni su ciò che potrebbe accadere nel breve e medio-lungo periodo, in modo da assumere decisioni consapevoli e informate. 

In conclusione, la gestione di una pandemia richiede un’azione coordinata a livello centrale, con il regionalismo differenziato le regioni potrebbero avere diversi livelli di preparazione e risposta alle emergenze, rendendo difficile la gestione a livello nazionale. Il modello da privilegiare dovrebbe essere quello “a rete”, in cui ciascuna regione è posta nelle condizioni di prendere iniziative autonome, ma in modo integrato con le altre regioni e nel rispetto delle linee strategiche fissate a livello centrale.[10]

Purtroppo le minacce si fanno sempre più globali e globali devono essere le risposte, anche all’interno di uno stesso territorio. Dopo la pandemia da Covid-19 che ha messo in crisi l’intero sistema, la riproposizione del medesimo modello esporrebbe il paese agli stessi rischi ed ai medesimi problemi. Diceva Einstein: “Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi”.

 

 

In un altro abbiamo visto le carenze del sistema sanitario evidenziate dalla pandemia da Covid-19 (qui).

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BIBLIOGRAFIA

[1]Autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA): prepararsi alle future emergenze sanitarie“. Commissione Europea, 16 settembre 2021

[2] AGENAS. “Gruppo Tecnico per l’elaborazione di proposte per l’attuazione e l’evoluzione della rete assistenziale dell’ictus. Relazione conclusiva”. Marzo 2023. Pag. 5

[3]ECDC. “Lessons from the COVID-19 pandemic“. May 2023. Pag. 9 

[4] Parlamento europeo. “Pandemia di COVID-19: insegnamenti tratti e raccomandazioni per il futuro”. Risoluzione del Parlamento europeo del 12 luglio 2023 sulla pandemia di COVID-19: insegnamenti tratti e raccomandazioni per il futuro

[5] Rizzuti S. “L’Europa rischia nuove epidemie” dopo il Covid: l’Ecdc lancia l’allarme”. Sito web Money, 26-04-2023

[6] Corte costituzionale, motivazioni della sentenza n. 37 del 24 febbraio 2021 che accoglieva il ricorso dello Stato contro la Regione Valle D’Aosta che introduceva misure di contrasto all’epidemia differenti da quelle previste dalla normativa statale

[7]Autonomia differenziata. Rischio di ulteriori diseguaglianze tra Regioni: “Quelle più povere potrebbero non riuscire a acquisire funzioni aggiuntive”. Il dossier del Servizio bilancio del Senato“. Articolo pubblicato sul sito di informazione sanitaria QuotidianoSanità il 16 maggio 2023 (link)

[8] Venturi F. “Stop alla raccolta dati sul Covid nel mondo. I morti sono stati quasi 7 milioni“. Sito web “Agi”, 11-03-2023 (link)

[9] Tonacci F., Foschini G. “Virus, tutti i dubbi sui dati delle Regioni. Indagano anche i pm”. Articolo pubblicato sul sito web de La Repubblica l’08-11-2020 (link)

[10] Caporale C., Collicelli C., Durst L. (a cura di). “Dopo la pandemia. Appunti per una nuova sanità“.  CNR Edizioni, 2022. Pag. 28

 

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